«Perché quando Giuseppe si mette
in testa qualcosa non c’è santo che gliela possa levare», ha precisato per
telefono la mia amica scrittrice. Prima del 2 giugno mi son predisposto che
dovevo andare lì, alla festa della Repubblica, con la maglietta di Falcone e
Borsellino, e ci sono andato, davanti a tutte le autorità. Tutti i giorni andrò
a incatenarmi, dalle dieci all’una. Sappiate che vivo con una stanchezza dentro
e parlando con chi so io mi escono spontanee, certe frasi mica me le invento:
io le sento dentro e le porto fuori senza problemi. Io non sono un
esibizionista, sono costretto a farlo, cosa credete, che mi diverta a mettermi
sotto al sole cocente, a vergognarmi al pensiero di cosa penseranno per primi i
miei dopo tutto questo calvario, oltre a tutte le persone che conoscono me e la
mia famiglia, che per caso passeranno lì davanti e mi vedranno, pensate ai
colleghi che mi vedranno incatenato dopo tutto quello che ho dato (medaglia
d’oro e di bronzo). E cosa diranno i familiari dei detenuti nella sala
d’aspetto: «s’é incatenau», e perché? Perché loro non sanno cosa mi è successo.
Là è cominciato il mio problema e là deve finire sta storia, ecco perché da
domani andrò di nuovo ad incatenarmi. Ho
bisogno delle istituzioni, se sono vero mi devono aiutare, se sono falso mi
devono denunciare per diffamazione, ma mi devono spiegare dove sto facendo
questa diffamazione. Io non conosco altre leggi, il silenzio non è legge. Io ci
tengo solo a divulgare la mia storia personale, non voglio diffamare nessuno.
Ringrazio la scrittrice fantasma che mi sta dando una mano, senza il suo aiuto
non sarei riuscito a fare questo blob, visto che faccio un mare di errori.
Ringrazio anche Massimo D'Angeli, il mio amico psicologo che mi ha spronato affinché mi
decidessi: «Giuseppe fai sto blog». E anche tutti gli altri amici di Fb che mi
sono vicini. Certo la mia amica va tutelata, mica deve fare la fine del
poliziotto del tribunale di Trapani, il quale per aver scritto la verità sulla
mia persona si è beccato una condanna penale, pur avendo io testimoniato in
quel processo che il poliziotto aveva effettuato il suo lavoro con onestà.
Bene, me lo sono portato nella coscienza per almeno due anni, fino al momento
in cui in appello è stato assolto con formula piena per non aver commesso il
fatto. Ringrazio Dio di avermi levato questo gravissimo peso che mi portavo
addosso. Riprendo subito i passaggi di questa storia, per far capire che in
effetti il poliziotto non faceva altro che il proprio dovere. Mi stavo recando
in tribunale quando ho conosciuto questo poliziotto, il quale mi faceva la
fotocopia del documento per identificare il mio ingresso, come da consuetudine.
Mi chiedeva la motivazione della mia presenza in quel luogo e io riferivo che
dovevo recarmi presso il gip, il quale aveva una mia denuncia come parte
offesa. Lo stesso mi indirizzava verso le scale per recarmi al terzo piano dove
vi era l’ufficio del gip. La prima volta il cancelliere mi disse che il gip non
c’era. La seconda volta che non poteva ricevermi. La terza volta sento lo
stesso che conclude: «Il gip con lei non ci vuole parlare perché la sua
denuncia è stata archiviata». Quindi riferivo al cancelliere che volevo parlare
con il magistrato di turno. Pensavo che fosse nei miei diritti di cittadino.
Devo premettere ahimè che ho il timbro della voce un po’ alto. Esce uno da un
ufficio e si unisce al cancelliere: «Senta, venga con noi». Pensavo mi portasse
dal magistrato di turno e invece i due, il cui secondo scopro successivamente
che era un altro cancelliere, mi portano giù al piano terra dove c’era il
solito poliziotto che stava prestando regolare servizio e in quel momento era
impegnato in una conversazione con due avvocati. Il primo dei due cancellieri
va dal poliziotto, il quale poi mi avrebbe riferito che aveva chiesto di
attendere un attimo che finiva con i due legali. Io non potevo sentire perché
mi avevano intimato di aspettare sul pianerottolo delle scale con il secondo
cancelliere. Non contento per la risposta del poliziotto il primo cancelliere
se ne va dal maresciallo dei carabinieri, che pure stava in servizio nello
stesso luogo. Il carabiniere a quel punto mi invita ad uscire dal tribunale per
parlare in merito alla questione che mi riguardava. Finisco di parlare e il
carabiniere mi invita ad andarmene. Cosa che ho fatto, ho ripreso la mia
macchina e me ne sono ritornato a casa. Il paradosso: in un secondo tempo vengo
a sapere che i due cancellieri avevano denunciato il poliziotto perché non era intervenuto.
Intervenuto per cosa che io non avevo fatto niente: ero al piano terra
tranquillo e pensavo che mi portassero dal pm, invece mi hanno fatto
allontanare, ma io me ne sono andato di mia volontà. Cosa c’entrava quel
poliziotto? Così per due anni mi sono portato addosso una colpa che io non
avevo commesso, sia nei confronti dei cancellieri che del poliziotto in primis.
Tant’è vero che io non ho ricevuto nessuna denuncia per offesa da parte dei
cancellieri. Questi due invece di denunciare me hanno denunciato l’onesto
poliziotto in servizio. Il colmo dei colmi! Dovete sapere che il poliziotto in
seguito è stato condannato da Camassa, lo stesso giudice che ha condannato me
perché esponevo al pubblico quello che avevo subito dal mio ex funzionario,
direttore del carcere di Trapani, dove prestavo servizio in qualità di
assistente capo di polizia penitenziaria. Il poliziotto nell’appello grazie a
Dio è stato assolto a formula piena perché il fatto non sussiste. È normale che
io scambiassi qualche parola con il collega poliziotto, voleva capire quello
che mi stava succedendo: si rendeva conto di quello che stavo subendo, ma non è
che mi favoriva, rispettava le regole del suo lavoro. Così si è ritrovato
imputato per omissioni. In seguito ho conosciuto la moglie, io mi vergognavo
per i guai che stava passando il marito a causa mia, invece quella donna mi ha
baciato affettuosamente. Io sono rimasto di ghiaccio, stavo svenendo, mentre
lei mi diceva: «Mio marito è una persona onesta e quello che ha fatto è solo il
suo dovere, il giusto». Vi rendete conto che parole mi ha detto quella signora?
Dopo quello che le è costato: due anni di processo e spese legali. Sono dei
credenti, credono in Dio, non fanno peccato, persone straordinarie che le conti
nelle mani. Io non le ho mai dimenticate quelle parole. Ritornando al
poliziotto, dal momento che è stato denunciato ingiustamente, purtroppo anche
lui ha avuto i suoi problemi di salute, i quali lo hanno portato al congedo
dopo 33 anni di servizio. Sto povero poliziotto che colpe aveva? Non aveva
fatto niente e ha passato due anni di guai. Onore al poliziotto che in malafede
poteva rovinarmi e invece mi ha sostenuto. Per questo ho voluto ricordarlo
nell’apertura del blog.
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