sabato 8 giugno 2013

Finalmente mi sono deciso a creare questo blog

«Perché quando Giuseppe si mette in testa qualcosa non c’è santo che gliela possa levare», ha precisato per telefono la mia amica scrittrice. Prima del 2 giugno mi son predisposto che dovevo andare lì, alla festa della Repubblica, con la maglietta di Falcone e Borsellino, e ci sono andato, davanti a tutte le autorità. Tutti i giorni andrò a incatenarmi, dalle dieci all’una. Sappiate che vivo con una stanchezza dentro e parlando con chi so io mi escono spontanee, certe frasi mica me le invento: io le sento dentro e le porto fuori senza problemi. Io non sono un esibizionista, sono costretto a farlo, cosa credete, che mi diverta a mettermi sotto al sole cocente, a vergognarmi al pensiero di cosa penseranno per primi i miei dopo tutto questo calvario, oltre a tutte le persone che conoscono me e la mia famiglia, che per caso passeranno lì davanti e mi vedranno, pensate ai colleghi che mi vedranno incatenato dopo tutto quello che ho dato (medaglia d’oro e di bronzo). E cosa diranno i familiari dei detenuti nella sala d’aspetto: «s’é incatenau», e perché? Perché loro non sanno cosa mi è successo. Là è cominciato il mio problema e là deve finire sta storia, ecco perché da domani andrò  di nuovo ad incatenarmi. Ho bisogno delle istituzioni, se sono vero mi devono aiutare, se sono falso mi devono denunciare per diffamazione, ma mi devono spiegare dove sto facendo questa diffamazione. Io non conosco altre leggi, il silenzio non è legge. Io ci tengo solo a divulgare la mia storia personale, non voglio diffamare nessuno. Ringrazio la scrittrice fantasma che mi sta dando una mano, senza il suo aiuto non sarei riuscito a fare questo blob, visto che faccio un mare di errori. Ringrazio anche Massimo D'Angeli, il mio amico psicologo che mi ha spronato affinché mi decidessi: «Giuseppe fai sto blog». E anche tutti gli altri amici di Fb che mi sono vicini. Certo la mia amica va tutelata, mica deve fare la fine del poliziotto del tribunale di Trapani, il quale per aver scritto la verità sulla mia persona si è beccato una condanna penale, pur avendo io testimoniato in quel processo che il poliziotto aveva effettuato il suo lavoro con onestà. Bene, me lo sono portato nella coscienza per almeno due anni, fino al momento in cui in appello è stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Ringrazio Dio di avermi levato questo gravissimo peso che mi portavo addosso. Riprendo subito i passaggi di questa storia, per far capire che in effetti il poliziotto non faceva altro che il proprio dovere. Mi stavo recando in tribunale quando ho conosciuto questo poliziotto, il quale mi faceva la fotocopia del documento per identificare il mio ingresso, come da consuetudine. Mi chiedeva la motivazione della mia presenza in quel luogo e io riferivo che dovevo recarmi presso il gip, il quale aveva una mia denuncia come parte offesa. Lo stesso mi indirizzava verso le scale per recarmi al terzo piano dove vi era l’ufficio del gip. La prima volta il cancelliere mi disse che il gip non c’era. La seconda volta che non poteva ricevermi. La terza volta sento lo stesso che conclude: «Il gip con lei non ci vuole parlare perché la sua denuncia è stata archiviata». Quindi riferivo al cancelliere che volevo parlare con il magistrato di turno. Pensavo che fosse nei miei diritti di cittadino. Devo premettere ahimè che ho il timbro della voce un po’ alto. Esce uno da un ufficio e si unisce al cancelliere: «Senta, venga con noi». Pensavo mi portasse dal magistrato di turno e invece i due, il cui secondo scopro successivamente che era un altro cancelliere, mi portano giù al piano terra dove c’era il solito poliziotto che stava prestando regolare servizio e in quel momento era impegnato in una conversazione con due avvocati. Il primo dei due cancellieri va dal poliziotto, il quale poi mi avrebbe riferito che aveva chiesto di attendere un attimo che finiva con i due legali. Io non potevo sentire perché mi avevano intimato di aspettare sul pianerottolo delle scale con il secondo cancelliere. Non contento per la risposta del poliziotto il primo cancelliere se ne va dal maresciallo dei carabinieri, che pure stava in servizio nello stesso luogo. Il carabiniere a quel punto mi invita ad uscire dal tribunale per parlare in merito alla questione che mi riguardava. Finisco di parlare e il carabiniere mi invita ad andarmene. Cosa che ho fatto, ho ripreso la mia macchina e me ne sono ritornato a casa. Il paradosso: in un secondo tempo vengo a sapere che i due cancellieri avevano denunciato il poliziotto perché non era intervenuto. Intervenuto per cosa che io non avevo fatto niente: ero al piano terra tranquillo e pensavo che mi portassero dal pm, invece mi hanno fatto allontanare, ma io me ne sono andato di mia volontà. Cosa c’entrava quel poliziotto? Così per due anni mi sono portato addosso una colpa che io non avevo commesso, sia nei confronti dei cancellieri che del poliziotto in primis. Tant’è vero che io non ho ricevuto nessuna denuncia per offesa da parte dei cancellieri. Questi due invece di denunciare me hanno denunciato l’onesto poliziotto in servizio. Il colmo dei colmi! Dovete sapere che il poliziotto in seguito è stato condannato da Camassa, lo stesso giudice che ha condannato me perché esponevo al pubblico quello che avevo subito dal mio ex funzionario, direttore del carcere di Trapani, dove prestavo servizio in qualità di assistente capo di polizia penitenziaria. Il poliziotto nell’appello grazie a Dio è stato assolto a formula piena perché il fatto non sussiste. È normale che io scambiassi qualche parola con il collega poliziotto, voleva capire quello che mi stava succedendo: si rendeva conto di quello che stavo subendo, ma non è che mi favoriva, rispettava le regole del suo lavoro. Così si è ritrovato imputato per omissioni. In seguito ho conosciuto la moglie, io mi vergognavo per i guai che stava passando il marito a causa mia, invece quella donna mi ha baciato affettuosamente. Io sono rimasto di ghiaccio, stavo svenendo, mentre lei mi diceva: «Mio marito è una persona onesta e quello che ha fatto è solo il suo dovere, il giusto». Vi rendete conto che parole mi ha detto quella signora? Dopo quello che le è costato: due anni di processo e spese legali. Sono dei credenti, credono in Dio, non fanno peccato, persone straordinarie che le conti nelle mani. Io non le ho mai dimenticate quelle parole. Ritornando al poliziotto, dal momento che è stato denunciato ingiustamente, purtroppo anche lui ha avuto i suoi problemi di salute, i quali lo hanno portato al congedo dopo 33 anni di servizio. Sto povero poliziotto che colpe aveva? Non aveva fatto niente e ha passato due anni di guai. Onore al poliziotto che in malafede poteva rovinarmi e invece mi ha sostenuto. Per questo ho voluto ricordarlo nell’apertura del blog.
 

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