SOLO SI MA RIMANGO ONESTO !
Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01126
Pubblicato il 22 luglio 2014, nella seduta n. 287
SANTANGELO , BERTOROTTA , SERRA , PAGLINI , CAPPELLETTI , DONNO , MORONESE , MANGILI , PUGLIA - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
in data 11 giugno 2004 presso la casa circondariale di Trapani, intorno alle 8,30 del mattino, alla seconda porta dell'istituto penitenziario, dove si trovava in servizio Giuseppe Picone (ora ex agente di Polizia penitenziaria), si presentava un geometra civile nella qualità di responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione giudiziaria, il quale richiedeva l'accesso alla seconda porta, dove poteva entrare solo il personale autorizzato per lo svolgimento dei propri compiti, come stabilito da un ordine di servizio emesso dal Ministero della giustizia;
da notizie riportate dall'ex agente Picone, il geometra disponeva di un'autorizzazione di accesso dalla parte esterna dell'istituto, come per gli operai della ditta esecutrice dei lavori, e che lo stesso portava con se un computer e un telefonino portatile, palesemente in contrasto con quanto all'ordine di servizio citato;
relativamente all'uso dei telefoni cellulari all'interno della caserma agenti il Dipartimento amministrazione penitenziaria, Ufficio centrale del personale Div. III Sez. A - Affari generali con nota prot. n. 091480/5.1 del 6 giugno 2000 ha integrato alcune disposizioni già esistenti in materia;
a seguito della detta nota la direzione del carcere di Trapani, vista la situazione strutturale dell'istituto, con ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000, disponeva il divieto assoluto di introdurre i telefoni cellulari oltre la prima porta, eccezion fatta per i magistrati che accedono al penitenziario per ragioni del proprio ufficio;
l'ex agente Picone, in assenza di comando diverso dall'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2006 e quindi in assenza di autorizzazione scritta di accesso del geometra dalla seconda porta, si rifiutò di far entrare il professionista informandolo che avrebbe potuto farlo accompagnare all'ingresso della parte esterna dell'istituto, come già fatto per gli operai della ditta;
il geometra rispose che altri colleghi lo avevano fatto passare dalla stessa porta e che voleva parlare con il comandante, e pertanto Picone chiamò il sorvegliante capo Salvatore Fragale per metterlo a conoscenza dell'episodio. Quest'ultimo, recatosi alla seconda porta, confermò al geometra che in assenza di autorizzazione non si poteva accedere e che per questo motivo lo faceva accompagnare da altro assistente in servizio dalla parte esterna per raggiungere il posto di lavoro, previo passaggio dalla porta autorizzata;
detti avvenimenti portarono l'ispettore Maurizio Trotti, comandante di reparto facente funzioni, ad emettere una disposizione di servizio in data 11 giugno 2004, che autorizzava il geometra ad avere accesso alla seconda porta, con la seguente motivazione: "al fine di evitare problematiche e spiacevoli contrattempi, si autorizza con la presente il Geom. (…) (responsabile dei lavori di ristrutturazione della sez. Giudiziaria) a poter accedere dalla seconda portineria per recarsi al suddetto reparto. Comunicasi inoltre che lo stesso, come da precedenti disposizioni, può accedere con al seguito un computer e telefonino in quanto accessori indispensabili in quell'ambito lavorativo. Resta inteso che lo stesso dovrà comunque essere accompagnato da un appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria";
successivamente ad ulteriori denunce sui fatti accaduti, l'agente Picone, venne sottoposto a test psichiatrici e a relativi controlli nonché sospeso dal servizio; in seguito fu riammesso in servizio per averli superati, però dopo avere richiesto di essere reintegrato nel servizio, che aveva conquistato con concorso interno, questo gli fu negato ed assegnato ad altro collega, che in realtà non aveva gli stessi requisiti di Picone. Inoltre, per un'ulteriore reazione legata alla mancata assegnazione al servizio, l'agente Picone veniva sottoposto ad altri testpsicologici, per poi venir declassato e congedato;
considerato che:
da notizia ANSA del 24 aprile 2014 un telefono cellulare perfettamente funzionante con sim card è stato trovato nel carcere minorile di Nisida a Napoli;
da notizie ANSA del 10 luglio 2014 nel carcere di Torino un telefonino, perfettamente funzionante, è stato trovato nella cella di un detenuto romeno, e si tratta del terzo caso all'interno del penitenziario dopo i due apparecchi rinvenuti dalla Polizia penitenziaria nella precedente settimana;
a Padova, come da notizia del 13 luglio 2014, riportata dal sito web della Polizia penitenziaria, presso l'istituto penitenziario sono stati trovati 8 telefonini e schede sim negli armadietti di alcuni agenti, come emerso dall'indagine condotta dalla squadra mobile coordinata dal pubblico ministero, Sergio Dini, che ha portato all'arresto di 15 persone tra cui 6 secondini accusati di fornire ogni tipo di merce (droga, telefonini, filmporno) ai detenuti, ed in particolare ai boss mafiosi in regime carcerario duro, in cambio di soldi e di sostanze stupefacenti;
a seguito di attività investigativa degli organi competenti analoghi episodi nel recente passato hanno portato alla condanna di un assistente capo della Polizia penitenziaria della casa circondariale "Pagliarelli" di Palermo, perché portava in cella telefoni cellulari, schede e persino droga aboss ivi rinchiusi, in cambio di denaro e giocattoli per i propri figli;
dette condotte sono in evidente contrasto con le regole e gli usi vigenti all'interno degli istituti penitenziari, specie perché favoriscono la comunicazione col mondo esterno, in violazione dell'ordinamento penitenziario ex art. 18 e dell'art. 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
considerato inoltre che, a quanto risulta agli interroganti:
l'ex agente Giuseppe Picone aveva sempre operato nel rispetto delle norme vigenti e delle disposizioni a lui ordinate e per questa diligenza dopo 25 anni di servizio gli era stata riconosciuta la medaglia d'oro;
a seguito dei fatti accaduti la mattina dell'11 giugno 2004 presso la casa circondariale di Trapani e delle relative richieste di chiarimenti e denunce presentate dallo stesso Picone nei confronti dei superiori dell'istituto carcerario, lo stesso è arrivato a perdere il massimo punteggio di valutazione del servizio da 30 con giudizio ottimo (23 febbraio 2004) a 14 con giudizio mediocre (17 marzo 2005) e al definitivo congedo dal servizio avvenuto nel maggio 2006;
in realtà l'ex agente all'epoca dei fatti si era attenuto, nello svolgimento del proprio servizio, a quanto previsto dall'ordine di servizio vigente, pertanto non contravvenendo ad eseguire ordini superiori;
l'art. 30, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999, n. 82, sancisce: "Qualora sia indispensabile procedere a successive variazioni del foglio di servizio, le stesse devono essere tempestivamente comunicate al personale interessato dal comandante del reparto o da un suo delegato",
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
quali atti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere al fine di verificare se l'ex agente di Polizia penitenziaria, Giuseppe Picone, all'epoca dei fatti in servizio presso la casa circondariale di Trapani, abbia disatteso l'ordine di servizio vigente la mattina dell'11 giugno 2004 ed eventualmente quali demeriti di condotta, nell'espletamento del servizio, possano ascriversi allo stesso;
quali misure, nei limiti delle proprie attribuzioni, intenda adottare per la tutela dell'ex agente, fatte salve le competenze giuridiche degli organi competenti in materia;
se i fatti verificatisi presso la casa circondariale di Trapani possano essere riconducibili a quanto accaduto e denunciato recentemente dalla cronaca nazionale relativamente all'istituto penitenziario di Padova o al "Pagliarelli" di Palermo.
AULA DEL SENATO 19 FEBBRAIO 2015
Questo è il testo della risposta da parte del Sottosegretario del Ministero dell'Interno DOMENICO MANZIONE per conto del Ministro della Giustizia Orlando.
Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 396 del 19/02/2015
MANZIONE, sottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, in risposta al senatore Santangelo, premetto che sulla vicenda descritta in interrogazione sono stati richiesti i necessari elementi informativi al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Dall'istruttoria compiuta, risulta che all'epoca dei fatti menzionati nell'atto ispettivo l'ex agente di Polizia penitenziaria Giuseppe Picone prestava servizio presso l'istituto penitenziario di Trapani. In data 11 giugno 2004, nel corso della normale attività di controllo presso la seconda portineria del reparto carcerario cui era stato destinato, l'assistente Picone veniva avvicinato dal responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione giudiziaria, nella persona del geometra Leo Massimo, e da questi richiesto di accedere al predetto reparto - temporaneamente chiuso per i lavori manutentivi in corso - accompagnato da un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria e munito di computer portatile e telefonino, in quanto strumenti necessari per l'espletamento del suo incarico. A quella richiesta il Picone opponeva il proprio rifiuto, motivandolo in ragione dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che sancisce «il divieto assoluto di introdurre i telefonini cellulari oltre la prima portineria, eccezion fatta per i magistrati che accedono in istituto per ragioni del proprio ufficio».
Per dirimere il contrasto giungeva sul posto l'allora direttore dell'istituto, dottoressa Vazzana, accompagnata dal comandante del reparto, la quale provvedeva ad impartire verbalmente l'ordine al Picone di fare entrare il geometra, autorizzando contestualmente l'ingresso in reparto delle predette dotazioni strumentali. Nonostante l'ordine verbale, il Picone reiterava il proprio comportamento ostativo, richiamando nuovamente i contenuti dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che, a suo dire, non ammetteva eccezioni. Nella stessa giornata il comandante di reparto provvedeva a comunicare per iscritto l'ordine impartito verbalmente, affiancando allo stesso una conforme disposizione di servizio, controfirmata dal direttore. Questa, dunque, la ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati.
Giova in proposito precisare che, con riferimento alla vicenda trattata, non è stata rinvenuta agli atti nessuna relazione di servizio a firma del Picone, né risulta che dai descritti avvenimenti dell'11 giugno 2004 per il Picone siano scaturite conseguenze disciplinari o giudiziarie, né tanto meno che, in conseguenza degli accadimenti descritti, vi sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per l'accertamento delle sue condizioni psichiche. Risultano invece agli atti della competente direzione diverse segnalazioni riguardanti il Picone, indirizzate alla commissione medico-ospedaliera sia in epoca precedente alla data dell'11 giugno 2004 che in epoca successiva. Dall'ultima di tali segnalazioni è scaturito a carico del Picone il provvedimento di dispensa dal servizio per infermità non dipendente da causa di servizio, disposto a decorrere dal 31 maggio 2006 su parere della commissione medica ospedaliera di Palermo.
Rilevo peraltro che il Picone, nel corso della propria carriera, è stato più volte destinatario di segnalazioni causate dalle relazioni, spesso conflittuali e tese, con gli altri operatori penitenziari. Tali segnalazioni non sono mai sfociate nell'assunzione da parte dell'amministrazione di provvedimenti disciplinari a suo carico. Per completezza segnalo che avverso i rapporti informativi degli anni 2004 e 2005 il Picone ha presentato ricorso: il primo è stato respinto nel merito, il secondo è stato respinto perché presentato fuori termine.
Per quanto riguarda, invece, l'ipotizzato ed eventuale nesso esistente tra la suddetta vicenda ed il riferito rinvenimento di telefoni cellulari presso altri istituti penitenziari, non vi è dubbio, proprio in considerazione di quanto prima esposto, che trattasi di situazioni tra loro del tutto diverse, tra cui non può essere stabilito nessun collegamento. La vicenda verificatasi a Trapani riguarda, infatti, l'introduzione, peraltro legittimamente autorizzata, di un computer e di un telefono cellulare per motivi di servizio. Le altre situazioni sono, invece, rappresentative di eventi critici, verificatisi in modo del tutto sporadico e rispetto ai quali - mi preme evidenziare - la risposta apprestata dall'amministrazione, oltre che tempestiva, è stata assolutamente incisiva.
Resta, comunque, fermo l'impegno ad un controllo capillare volto ad escludere il ripetersi di anomalie disfunzionali, che possano incidere negativamente sul regolare e corretto esercizio dell'amministrazione penitenziaria.
Questo è il video della lettura della risposta del Sottosegretario MANZIONE e sia della REPLICA da parte del Senatore Vincenzo Maurizio Santangelo del Movimento Cinque Stelle.
PROCURA DELLA REUBBLICA
C/O IL TRIBUNALE DI TRAPANI
ATTO DI DENUNCIA - QUERELA
***
Il sottoscritto Giuseppe Picone, nato a Nicosia (EN) il 18.08.1959, e residente
in Trapani.
espone quanto segue
In
data 19 febbraio 2015 presso l’aula del Senato della Repubblica in
Roma, verso le ore 17 circa, il sottosegretario all’Interno
Domenico Manzione, rispondeva ad interrogazione Parlamentare
presentata da un gruppo di senatori del MoVimento Cinque Stelle per
fatti che riguardavano il mio operato come Assistente Capo della
Polizia Penitenziaria, in forza alla Casa Circondariale di Trapani, e
nell’occasione, il Manzione, dando lettura alla sua risposta, che
si allega in forma di trascrizione e supporto DVD (allegato nr.1),
in alcuni passaggi faceva emergere palesi incongruenze che ledono e
offendono la mia persona che si appresta a rappresentare
sottolineandone il testo nelle parti “incriminate”: Signora
Presidente, in risposta al senatore Santangelo, premetto che sulla
vicenda descritta in interrogazione sono stati richiesti i necessari
elementi informativi al Dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria. Dall'istruttoria compiuta, risulta che all'epoca dei
fatti menzionati nell'atto ispettivo l'ex agente di Polizia
penitenziaria Giuseppe Picone prestava servizio presso l'istituto
penitenziario di Trapani…..l'assistente Picone veniva avvicinato
dal responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione
giudiziaria, nella persona del geometra Leo Massimo, e da questi
richiesto di accedere al predetto reparto - temporaneamente chiuso
per i lavori manutentivi in corso -
accompagnato
da un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria
e
munito di computer portatile e telefonino, in quanto strumenti
necessari per l'espletamento del suo incarico. Tale
affermazione, sottolineata, non risponde a verità, in quanto il
geometra Leo, giungeva da solo alla sala d’aspetto
della seconda porta, dove ero di servizio. Ad avvalorare tale
circostanza, lo si evince in maniera chiara, dalla dichiarazione
redatta dal Sovrintendente Capo Salvatore Fragale (allegato
nr.2), che disponeva appunto, l’accompagnamento del Leo
dalla sala d’attesa, prospicente la seconda porta, al posto dove
accedevano tutti i muratori per via esterna. Per
dirimere il contrasto giungeva sul posto l'allora direttore
dell'istituto, dottoressa Vazzana, accompagnata dal comandante del
reparto, la quale provvedeva ad impartire verbalmente l'ordine al
Picone di fare entrare il geometra, autorizzando contestualmente
l'ingresso in reparto delle predette dotazioni strumentali.
Nonostante l'ordine verbale, il Picone reiterava il proprio
comportamento ostativo, richiamando nuovamente i contenuti
dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che, a suo dire,
non ammetteva eccezioni. Nella stessa giornata il comandante di
reparto provvedeva a comunicare per iscritto l'ordine impartito
verbalmente, affiancando allo stesso una conforme disposizione di
servizio, controfirmata dal direttore. Questa,
dunque, la ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli
accertamenti espletati. Tale affermazione non risponde a verità, poiché il
fatto testé citato, non è avvenuto nella stessa giornata come
contestualizzata temporalmente dal MANZIONE, ma in data
successiva e precisamente l’11.06.2004, in una situazione analoga,
dove a svolgere il compito di sorveglianza generale era l’Ispettore
Ciaramella e non il Sovrintendente Capo Salvatore Fragale
come dall’allegato nr. 2 precedentemente citato, ha suo tempo
dichiarato dallo scrivente in sede di dichiarazioni spontanee rese in
data 21 marzo 2006 che si allega (allegato nr.3 a pag. 3)
presso gli Uffici dell’U.E.P.E. di Trapani. Si fa notare inoltre
che nella circostanza il direttore Vazzana, era da sola e non
in compagnia del comandante del reparto, ed in presenza del
Sovrintendente Giuseppe D’Asta, la stessa rivolgendosi al
sottoscritto pronunciava testualmente: ”SIETE TESTA DI CAZZO”,
come riportato nella dichiarazione redatta dallo stesso D’Asta
che si allega (allegato nr. 4), dove peraltro si evince
con certezza la data del fatto, episodio di rilievo “stranamente”
omesso dal sottosegretario MANZIONE, e per il quale la
direttrice non è stata mai punita. Ma di quale “ricostruzione
dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati.”
Stiamo parlando?
Basta leggere la relazione redatta il 10.03.2007 dall’Ufficio
Ispettivo del DAP, nella persona del dirigente di verifica Giacinto
Siciliano, che nell’occasione, oltre a manifestare una
conoscenza specifica nel campo psicologico-pschiatrico, (allegato
nr. 70 pag. 3) non manifestava alcun interesse a procedere ad una
seria ed approfondita ispezione per cui era stato incaricato dal
superiore ministero, infatti, durante il nostro dialogo, lo stesso
Siciliano non faceva altro che rispondere continuamente al suo
telefonino interrompendo continuamente il discorso, trovando il suo
apice, durante un’ulteriore conversazione telefonica, dove diceva
al suo interlocutore, che avrebbe preso il primo volo utile del
pomeriggio per far rientro in sede. Dopo aver sentito quest’ultima
telefonata, intuendo chiaramente la vera natura di questa farsa,
vestita da ispezione ministeriale, e che conseguentemente non sarebbe
andato a Trapani, visti chiaramente i tempi residui della sua
permanenza in Sicilia, a verificare le dinamiche dei fatti, e
soprattutto ad ascoltare i numerosi testimoni che avevano relazionato
a mio favore, ma soprattutto dove aveva avuto origine la vicenda in
questione, salutavo e lasciavo la sede dell’incontro, ancora una
volta amareggiato avendo la netta sensazione che la verità non
interessava a nessuno, facevo ritorno a Trapani. In modo
assolutamente fuori dalla realtà dei fatti, il Giacinto
Siciliano, in sede di relazione, durante un passaggio, scriveva
testualmente: “Alla luce di quanto emerso nel corso
dell’audizione e del comportamento assunto dall’interessato, non
si è ritenuto, come concordato per le vie brevi, procedere ad
ulteriori accertamenti presso la c.c. di Trapani” come da
allegato nr. 70 pag. 4. Come dire, oltre al danno anche la
beffa. Giova precisare, che il Siciliano, disattendeva la
disposizione precisa ricevuta di recarsi a Trapani, come si evince
dall’allegato nr. 64, ultima pagina nelle conclusioni, e appare
assolutamente pretestuosa la motivazione che di fatto non lo ha
portato a Trapani, come se ciò dipendesse dal nostro dialogo, e non
dalle direttive specifiche ricevute. Quest’atteggiamento del
Siciliano, appare gravissimo, perché recandosi a Trapani,
avrebbe dovuto sentire immediatamente per primo l’Ispettore
Ciaramella, che paradossalmente egli stesso nomina nella sua
relazione (allegato nr.70 pag. 2) che paradossalmente non era
mai stato ascoltato da nessuno, e che rivestiva la veste del
“testimone chiave” dell’episodio del telefonino che innescava
l’intera vicenda. Si fa presente che il signor Giacinto
Siciliano, risulta essere indagato in atto, per i noti
fatti, che riguardano la vicenda denominata “PROTOCOLLO
FARFALLA” come dall’allegato nr. 71 che
hanno una grande attinenza con la gestione interna proprio delle
carceri italiane, dove venivano disattese guarda caso le normative
che ne regolano l’accesso a persone e/o cose. Giova
in proposito precisare che, con riferimento alla vicenda trattata,
non è
stata rinvenuta agli atti nessuna relazione di servizio a firma del
Picone,
né
risulta che dai descritti avvenimenti dell'11 giugno 2004 per il
Picone siano scaturite conseguenze disciplinari
o giudiziarie, né tanto meno che,
in conseguenza degli accadimenti descritti,
vi sia
stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per
l'accertamento delle sue condizioni psichiche.
Risultano invece agli atti della competente direzione diverse
segnalazioni riguardanti il Picone, indirizzate alla commissione
medico-ospedaliera sia in epoca precedente alla data dell'11 giugno
2004 che
in epoca successiva.
L’odierno scrivente non relazionava in merito per il
semplice motivo che i vertici dell’Istituto penitenziario avevano,
come sopra descritto, appreso direttamente notizia dei fatti, e
considerato che “l’ambiente lavorativo si era particolarmente
surriscaldato” coglieva l’occasione, nella stessa giornata
dell’11 di giugno, di produrre istanza (allegato nr. 5) per
essere assegnato al servizio esterno l’Istituto, e precisamente al
lido balneare dell’Amministrazione (allegato nr. 6), nella
speranza che allontanandomi dall’Istituto stesso e trascorso un
periodo di tempo pari a quattro mesi circa, al mio ritorno avrei
trovato un ambiente rasserenato, ma purtroppo così non era, anzi,
addirittura era peggiorato, infatti, alla prima occasione utile, e
precisamente in data 9.11.2004, durante una contrattazione
sindacale, dove rivestivo il ruolo di rappresentante della C.G.I.L.,
il comandante Giuseppe La Torre, notata la mia presenza quale
componente
della delegazione stessa, in modo visibilmente alterato,
faceva osservare che la delegazione in questione non era di suo
gradimento, e gridando, si allontanava dalla sala riunione. La
direttrice Francesca VAZZANA, nella predetta circostanza, anzi
di buttare “acqua sul fuoco”, andava in escandescenza, affermando
che la mia presenza era d’ostacolo alla prosecuzione della
trattativa sindacale, con il chiaro intento di cacciarmi via, e non
contenta di quanto già accaduto, rivolta al mio indirizzo profferiva
la seguente frase: “IL PAZZO INCAPACE DI INTENDERE E DI
VOLERE”, (già da questo episodio, appare ben chiara la
volontà della direttrice di “marchiarmi” come pazzo) e dopo
aver buttato per aria le sue carte, abbandonava la sede dell’incontro
in evidente stato di agitazione. Per tali gravi comportamenti subiti,
la Segreteria Provinciale della C.G.I.L. di Trapani redigeva un
energico documento sindacale di protesta indirizzato dei vertici
locali, regionali e nazionali dell’Amministrazione Penitenziaria,
che si allega (allegato nr. 7), dove si denunciava in termini
chiari ed inequivocabili i comportamenti assunti dal La Torre e
dalla Vazzana nei miei confronti sia dal punto di vista personale
che di rappresentante di categoria, in aperta violazione di legge
come quanto previsto dall’articolo 21 della Costituzione Italiana e
dell’articolo 19 della legge 395/90. Per notizia, nessuno dei due
personaggi in questione è stato mai raggiunto da alcun provvedimento
di natura disciplinare e/o di altro genere, ma paradossalmente, quasi
certamente per “pararsi il colpo” il giorno successivo
10.11.2004, la direttrice mi inviava a visita medica presso il
medico del Corpo (allegato nr. 8) per accertare la mia
idoneità incondizionata al servizio d’Istituto per comportamenti
anomali assunti durante la riunione sindacale della giornata
precedente, non solo in evidente contraddizione con lo svolgimento
dei fatti stessi, ma arrogandosi perfino il ruolo di psicologa o
psichiatra, che chiaramente non rivestiva, riconosciuto in
maniera “amena” dalla stessa in un secondo tempo come riferito
nell’allegato nr.62, palesando un evidente abuso di
potere, e un atteggiamento chiaramente vendicativo e vessatorio nei
miei confronti, come peraltro risulta riscontrato da una missiva a
firma del Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la
Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr.
Gianfranco De Gesu (allegato nr. 60). Quindi
risulta non tecnicamente corretto il passaggio del sottosegretario
Manzione in cui si fa riferimento a:”….. vi
sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera
per l'accertamento delle sue condizioni psichiche., poiché
tale passaggio è necessariamente preceduto tecnicamente dall’invio
al medico del Corpo che è l’unico soggetto che a sua volta può
disporre l’invio alla Commissione Medica Ospedaliera, come nella
realtà è avvenuto, e come si evince chiaramente dall’allegato
nr. 9. A conferma dell’atteggiamento persecutorio posto in
essere dalla Vazzana, si precisa, che lo scrivente prima di
essere sottoposto a visita medica da parte del medico del Corpo che
mi inviava alla successiva Commissione Medica Ospedaliera, veniva
sottoposto su propria richiesta a visita medica da parte del medico
del Lavoro Dr. G. Peralta che si allega (allegato nr.10)
dove non veniva riscontrata nessuna patologia come si evince dal
certificato in questione che testualmente recita: “IDONEO ALLA
MANSIONE SPECIFICA”, ma evidentemente l’esito negativo di
questa visita medica, non soddisfaceva le aspettative della Vazzana,
tanto che ne scaturiva l’invio dal medico del Corpo come sopra
citato, e tramite il comandante La Torre, veniva disposto il
mio accompagnamento da parte dell’Ispettore Superiore Buffa
Michele (allegato nr. 11) come se fossi in stato detentivo
o una persona pericolosa. Dall’11.11.2004 fino al 22.12.2004, sono
stato a disposizione della Commissione Medico Ospedaliera di Palermo,
dove oltre ad essere stato sottoposto a visite specialistiche
psicologiche e psichiatriche, ho eseguito numerosi accertamenti,
sempre della stessa natura, il tutto concluso con la mia idoneità al
servizio d’Istituto come da relativo verbale medico legale che si
allega (allegato nr. 12), redatto dalla C.M.O. di Palermo. Al
mio rientro da quest’ultima sede, con mia grande sorpresa, pur
constatata e certificata senza ombra di dubbio alcuno la mia piena e
completa idoneità al servizio d’Istituto, mi vedevo
incoerentemente rimosso da responsabile del magazzino vestiario
agenti, come si evince dall’allegato nr. 13, a vero e
proprio “tappa buchi” o “Jolly” che dir si voglia, Il mio
posto di servizio, variava di giorno in giorno, secondo le
“necessità” dell’Ufficio Servizi senza tenere nel dovuto conto
la mia anzianità di servizio, riscontrato come da una missiva,
peraltro dal Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la
Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr.
Gianfranco De Gesu (allegato nr. 60)
confermate dal Provveditore Orazio Faramo
(allegato nr.61) e senza che abbia mai
trasferito le consegne scritte con relativo inventario del materiale
ivi custodito di cui avevo la piena ed esclusiva responsabilità,
assunta al momento dell’incarico dal precedente responsabile, come
da prassi, all’eventuale collega “subentrante” del magazzino
stesso. Da questa situazione “anomala” originata dalla mia
richiesta di chiarimenti (allegato nr.14, allegato nr. 15,
allegato nr. 16, allegato nr. 17 e allegato nr. 18), ne scaturiva
un’azione di carattere disciplinare che veniva archiviata, che
palesava un’evidente violazione del D.L. 449/92 art. 10 punto 3, e
ben quattro di natura penale, tre dei quali venivano archiviati
(allegato nr. 19) e nel quarto, assolto (allegato nr.20),
quindi considerando i “buchi” temporali che vanno dal servizio
balneare alla disposizione della C.M.O., i narrati fatti, sono la
diretta conseguenza di quanto accaduto l’11.06.2004, e seguono un
“perfetto” filo logico e temporale, confermando un vero e proprio
mobbing, infatti, precedentemente, nei miei primi ventisei
anni di servizio, non era accaduto nulla di tutto questo. A conferma
della persecuzione posta in essere nei miei confronti, nella medesima
circostanza sopracitata, la Vazzana e il La Torre non
pienamente sodisfatti delle misure disciplinare e penali a cui mi
avevano assoggettato, ricorrevano ad un nuovo invio dal sanitario del
Corpo che a sua volta, mi rinviava alla C.M.O. di Palermo, a distanza
di appena ventuno giorni, su segnalazione che si allega (allegato
nr. 21) del comandante Giuseppe La Torre, che nella
circostanza si trasformava da fine conoscitore delle leggi, tanto da
violare il D.L. 449/92 art.10 punto, in occasione di una
contestazione di addebiti disciplinari, a operatore navigato
psicologo e psichiatra, senza tenere minimamente conto che il
sottoscritto, come da protocollo medico, non poteva essere inviato
una seconda volta a visita psicologica-psichiatrica, senza aver
trascorso un lasso di tempo minimo di un anno dagli ultimi
accertamenti eseguiti. Per giustificare fin quanto qui descritto, sia
il La Torre, sia l’Assistente Capo Luigi Malato che il
dottor Alberto Barbata (allegato nr.22) sono ricorsi ad
affermazioni mendaci, smentiti sia dagli altri colleghi presenti ai
fatti, come gli Assistenti Capo Giacomo Ruggirello (Allegato nr.
16) Enrico Pipitone (allegato nr. 18), Ispettore Michele Balbi
(allegato nr. 23) Alberto Adamo (allegato nr.24) Pietro La Pica
(allegato nr.25), e dall’esito negativo dei relativi
procedimenti penali e disciplinari che ne erano scaturiti.
Dall'ultima di tali
segnalazioni è scaturito a carico del Picone il provvedimento di
dispensa dal servizio per infermità non
dipendente da causa di servizio,
disposto a decorrere dal 31 maggio 2006 su parere della commissione
medica ospedaliera di Palermo. L’affermazione
sottolineata che fa riferimento al verbale di dispensa redatto dalla
C.M.O. di Palermo, (allegato nr.26) non coincide,
secondo la documentazione in possesso del sottoscritto, che si allega
(allegato nr. 27, 28, 29, 30 e 31), stesa sempre dalla stessa
C.M.O. di Palermo, che nel suo giudizio medico legale, in occasione
dei periodi di convalescenza concessi, riporta testualmente
“DISCONTROLLO DEGLI IMPULSI CON DISADATTAMENTO E STATO ANSIOSO
DEPRESSIVO (e simili)” è SI dipendente da causa di
servizio. Questo “trattamento” conferma ancora una volta, lo
stato di mobbing a cui è stato costretto lo scrivente, subendo
l’ulteriore abuso e subendo ancora una volta l’onta di essere
marchiato come un “pazzo”. Rilevo
peraltro che il Picone, nel corso della propria carriera, è stato
più volte destinatario di segnalazioni causate dalle relazioni,
spesso conflittuali e tese, con gli altri operatori penitenziari.
Tali segnalazioni non sono mai sfociate nell'assunzione da parte
dell'amministrazione di provvedimenti disciplinari a suo carico.
Tale affermazione risulta completamente priva di ogni fondamento.
Lo scrivente in seno al proprio ambiente lavorativo, ha sempre tenuto
ottimi rapporti con tutti i colleghi. Tale stato di cose è
comprovato dal semplice fatto che la segreteria provinciale della più
grande confederazione sindacale del paese, e precisamente a C.G.I.L.,
ha ritenuto utile e proficuo affidarmi l’incarico di rappresentante
locale. Il Manzione si contraddice clamorosamente, infatti,
come può un’amministrazione fondata sulla gerarchia “sorvolare”
ed “omettere” continuamente dei provvedimenti disciplinari a
carico di un soggetto che “spesso” ha tenuto
comportamenti conflittuali con i colleghi per ben ventisei anni? Dove
sono i documenti che provano tali manifestazioni? Qual’ è il filo
logico che perdona ogni cosa fin quando si tratta di litigare con i
colleghi e improvvisamente si scatena in una vera e propria guerra,
dal momento che lo scrivente, attenendosi al regolamento
penitenziario, fa notare ai propri vertici un’inosservanza dello
stesso? E’ proprio da quel preciso momento, e precisamente dal
giugno del 2004 che iniziano le prime controversie
con alcuni
appartenenti dell’amministrazione penitenziaria, non prima, come
fin qui ampiamente documentato. La condotta della direttrice Vazzana,
è arrivata al punto, pur di distruggermi, di scrivere il falso,
come quanto riscontrabile nella documentazione che si allega
(allegato nr. 32, allegato nr. 36 e allegato nr. 38) dove
nella circostanza, riferita ad una mia richiesta d’accesso agli
atti (allegato nr. 37), rispondeva per iscritto di non essere
nella disponibilità di fornirmi una relazione a firma dell’Ispettore
Giuseppina Graceffa (allegato nr.39), poiché trasmessa
all’Autorità Giudiziaria. Fin da subito, tale risposta appariva
fin troppo immotivata, poiché qualsiasi Ufficio che trasmette un
atto ad un’altra amministrazione, produce una copia che rimane agli
atti, e una seconda come minuta della ricevuta trasmissione. Da due
mie richiesta di accesso agli atti presso l’Autorità Giudiziaria
che si allega (allegato nr. 33 e allegato nr. 34) veniva a
conoscenza che tale relazione non era mai stata trasmessa dalla Casa
Circondariale di Trapani (allegato nr. 35), quindi non
disponibile ai loro atti. Pertanto, avendo avuto conferma scritta
dalla Procura della Repubblica di Trapani, ritornavo nuovamente a
chiedere la copia (allegato nr. 42) della relazione in
questione, presso la Casa Circondariale di Trapani, ma la Vazzana,
pur di negarmi il diritto di acquisire l’atto in questione,
inizialmente, in maniera veramente pretestuosa, affermava di non
poter aderire alla mia richiesta perché non sussistevano i motivi
per concedere tale copia (allegato nr. 43) per poi smentirsi
oltre 6 mesi dopo, asserendo, come dal principio di non essere in
possesso della relazione della Graceffa (allegato nr. 44).
Quattro anni dopo, ad una mia reiterata richiesta in tal senso, la
nuova direttrice D.ssa Maria Luisa Malato, mi forniva la
relazione precedentemente citata immediatamente e senza problemi
(allegato nr. 41 ). Il motivo per il quale la Vazzana
non voleva rilasciare la copia della relazione della Graceffa,
è semplice: la direttrice voleva nascondere la verità allo
scrivente, infatti, sia dalla relazione della stessa ispettrice sia
dalle sommarie informazioni rese dalla stessa ai Carabinieri della
sezione di P.G. della Procura della Repubblica di Trapani, si evince
con chiarezza che: “IL PICONE SI ERA RIVOLTO ALLA MIA PERSONA IN
MANIERA MOLTO TRANQUILLA” in palese contraddizione da quanto
affermato dalla Vazzana al Provveditore regionale per la
Sicilia (allegato nr. 38 e ribadito nell’allegato nr. 62),
suo superiore gerarchico, dove peraltro si fa riferimento al suicidio
del collega Giovanni Corbasa, e alla Procura della Repubblica di
Trapani (allegato nr. 32). Tale comportamento omissivo della
verità viene fuori in tutta la sua drammatica e vergognosa
espressione, durante una sua comunicazione scritta indirizzata al
Provveditore Orazio Faramo, (allegato nr. 62) dove testualmente
riporta:” PER ULTIMO, SI AUSPICA CHE LA SUA NOTA SIA
SOTTRATTA AD OGNI POSSIBILITA’ DI ACCESSO DA PARTE DELL’ASSISTENTE
CAPO PICONE, DAL MOMENTO CHE LE NON CONDIVISE VALUTAZIONI IN ESSA
CONTENUTE DOVREBBERO APPARIRE ALLO STESSO, NELLA SUA PERSONALISSIMA
RAPRESENTAZIONE DELLA REALTA’, COME UN RICONOSCIMENTO DELLA
FONDATEZZA DEI SENTIMENTI DI AVVERSIONE CHE EGLI NUTRE VERSO LA
ESPONENTE SENTIMENTI CHE LA S.V. STESSA HA PERSONALMENTE RAPRESENTATO
ALLA SCRIVENTE ANCHE NELLA RECENTE CONVERSAZIONE TELEFONICA DEL
26.04.2006” Anche per questa condotta appena
descritta, la Vazzana non è stata mai punita in
sede penale, amministrativa, disciplinare e civile anche se ben
evidenziata dal Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la
Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr.
Gianfranco De Gesu (allegato nr. 60)
ribadite dal Provveditore Orazio Faramo (allegato nr.61). Per
completezza segnalo che avverso i rapporti informativi degli anni
2004 e 2005 il Picone ha presentato ricorso: il primo è stato
respinto nel merito, il secondo è stato respinto perché presentato
fuori termine.
Anche questa affermazione, pur apparendo corretta nel suo
contenuto, è l’ennesimo frutto della persecuzione che lo scrivente
ha dovuto subire, l’ennesimo abuso che adesso andrà a descrivere e
documentare dettagliatamente con puntualità, come sarebbe
sicuramente emerso nella sua drammaticità, qualora il Manzione
o chi per lui avesse analizzato la documentazione con la dovuta
accortezza che il caso richiedeva. Per meglio capire di cosa stiamo
parlando, è utile ed opportuno partire dall’anno precedente, e
precisamente l’anno 2003 (allegato nr. 45), quando il
giudizio complessivo del rapporto informativo dello scrivente era di
30 punti, cioè il massimo previsto con il giudizio di
“ottimo”, che per ogni voce riportata raggiungeva il massimo
dei tre punti previsti. L’anno 2004 (allegato nr. 46),
compilato nel 2005, veniva
decurtato di tre punti, per quanto
riguarda la compilazione operata dal comandante La Torre, a
cui si sommava un ulteriore detrazione di altri quattro punti ad
opera della direttrice Vazzana, fissando un giudizio
complessivo pari a punti 23. Quest’ultima diminuzione di
punti, non poteva essere operata dalla stessa, poiché l’art.
48 lettera B del D.L. n. 443 non lo consente. Nella prassi
comune, la decurtazione massima operata ai danni di un dipendente
durante un anno, può essere di massimo due punti, e le
ragioni che la determinano devono essere ben argomentate, documentate
e motivate, poiché l’amministrazione non può rischiare di
esercitare una vera e propria forma diffamatoria, discriminatoria e
pregiudizievole nei confronti del dipendente stesso, come affermata
da consolidata giurisprudenza del Giudice del Lavoro. In
considerazione di ciò, provvedevo a far ricorso alla Commissione
ministeriale ex art. 50 con sede in Roma, che con mia grande
sorpresa rigettava, con una motivazione assolutamente sintetica e
generica. Nell’anno 2006, veniva compilato il rapporto informativo
riferito all’anno 2005 (allegato nr. 47). Anche in
quest’occasione, pur avendo lavorato per soli undici giorni durante
l’anno in esame, il giudizio complessivo, veniva ulteriormente
tagliato di ben nove punti complessivi, di cui cinque da parte della
Vazzana. Praticamente dal punteggio massimo di 30 punti
del 2003 con il giudizio di “ottimo”, si
passava al 2005 con il punteggio complessivo di 14
punti con il giudizio di “mediocre”, come a dire
che un affermato professionista, nel giro di due anni si fosse
trasformato, dopo 26 anni di onorato e immacolato servizio,
improvvisamente in un principiante incapace, subendo un crollo
verticale di ben sedici punti di valutazione (oltre
la metà) delle sue capacità professionali, morali, culturali,
di giudizio ecc. ecc., guarda caso in evidente e palese
contraddizione con quanto attestato dal superiore Ministero della
Giustizia che in data 26 .11.2006 conferiva allo scrivente la
medaglia d’oro al merito di servizio (allegato
nr.67). Anche per quanto attiene la presentazione del ricorso
riferito all’anno 2005, va precisato che in realtà il
ricorso è stato presentato per ben due volte, il primo in
data 03.04.2006, quindi entro i termini previsti dalla
legge, sotto forma di comunicazione urgente (allegato nr.
50) diretta al dirigente vicario Gianfranco De Gesu del
Provveditorato Regionale “Sicilia” come previsto dall’art. 2
comma 3 del D.L. 449/92 (allegato nr. 48), e il secondo in data
04.07.2006 (allegato nr. 49), sempre entro i termini
previsti dalla legge, come si capirà più avanti dalla
descrizione dei fatti, anche se detta affermazione a primo impatto
appare contradittoria. Poco prima di aver notificato il risultato del
rapporto informativo del 2005, precisamente il 03.04.2006,
lo scrivente era stato sentito a sommarie informazioni, anche nel
merito del giudizio del rapporto informativo dell’anno 2004
(allegato nr. 3) dal Dr. De Gesu il 21.03.2006. A
questo punto, si inserivano nel contesto anche le figure del Vice
capo del Dipartimento Penitenziario Emilio Di Somma e del
Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria per la Sicilia
Orazio Faramo. Per una maggiore e dettagliata descrizione dei
fatti, che in questa sede sarebbe un’interminabile dilungare, si
rimanda agli allegati nr. 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58. Dopo
un vero e proprio scarica barile, ed un intreccio tortuoso e
contrastante da parte dei tre alti funzionari predetti, l’Orazio
Faramo in data 26.06.2006 come dall’allegato nr. 53, mi invitata a
produrre ricorso (cosa che facevo in data 04.07.2006 come
da allegato 49 alla Commissione ministeriale ex art. 50, quindi se
prendiamo per buono quanto riferito da quest’ultimo, di fatto si
sarebbe dovuto riaprire il termine da quella data, in quanto la
comunicazione dello stesso era stata formulata fuori dai
termini se consideriamo la prima data di notifica, ma
in aperta contraddizione per quanto scritto dal suo diretto
superiore, Dr. Emilio Di Somma in data successiva
10.08.2006 come da allegato nr. 58, che di fatto ribadiva
la correttezza del primo ricorso presentato come previsto
dal predetto art. 2 comma 3 del D.L. 449/92 (allegato nr. 48). Da
questo si può ben capire in quale stato confusionale più totale, si
muovevano i più alti vertici dell’Amministrazione Penitenziaria
nazionale. In buona sostanza, il Faramo, secondo il D.L. predetto e
come disposto e ribadito dal Di Somma non doveva far altro che
trasmettere immediatamente alla Commissione ministeriale ex art. 50
quanto da me prodotto in data 03.04.2004 con invio di fax
urgentissimo, e precisamente nello stesso giorno in cui mi era stato
notificato il rapporto informativo in questione, o in alternativa,
informarmi immediatamente di rivolgermi direttamente all’ufficio
ministeriale competente. Molto probabilmente, per motivi non a
conoscenza dello scrivente,
ma facilmente intuibili, il Faramo di
fatto, facendo passare tutto questo tempo, faceva si da far scadere i
termini del ricorso in questione, quindi ancora una volta appare
palese un comportamento da parte di soggetti diversi, di
“penalizzare” di fatto l’odierno scrivente. Lo stesso Faramo,
come si evince al punto nr. 12 dell’allegato nr. 64, redatto dal Di
Somma in data 15.12.2006, chiede a quest’ultimo di non
rendermi edotto delle risultanze degli accertamenti effettuati.
La domanda sorge spontanea. Perché non dovevo sapere? Come si può
ben comprendere da questa situazione, dove ognuno dice la sua, in
contraddizione all’altro, la risposta fornita dal Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria (allegato nr.59) in ordine al
ricorso del rapporto informativo in questione, non è da ritenersi
obiettiva e giusta. L’unica costante, quella di
penalizzare sempre e comunque lo scrivente (come si evince
dall’allegato nr. 63, dove anche il De Gesu si
trasforma in psicologo navigato e disegna il presente quadro
psicologico a carico dello scrivente: “….da cui si denota la
personalità psicotica con tratti paranoici in fase acuta.”),
e sempre e comunque in violazione di leggi e regolamenti, mentre per
tutti gli altri soggetti presenti in questa storia è accaduto
l’esatto opposto, sempre e comunque “innocenti” in ogni loro
comportamento. In ultimo, ma non per importanza, anzi,
si fa rilevare che la Vazzana ancora una volta, ha dichiarato
il falso, mettendolo per iscritto sul rapporto informativo relativo
all’anno 2005, con la seguente testuale frase: ….”tenuto
conto dei procedimenti penali e
disciplinari a suo carico, anche nei confronti della
scrivente”….. . Premettendo che non è mai esistito
alcun provvedimento penale e disciplinare collegato tra lo scrivente
e la Vazzana, ancora una volta si palesa in tutta la sua
prepotenza l’ennesimo atto persecutorio e di falsità nei miei
confronti, sempre nella più totale impunità in cui ha potuto
operare e agire la stessa direttrice fino all’ultimo, anche se lo
scrivente ha prodotto numerosissima documentazione comprovante con
assoluta certezza, la pessima condotta della stessa funzionaria,
indirizzando la predetta documentazione a numerosi soggetti delle
varie istituzioni. Per
quanto riguarda, invece,
l'ipotizzato ed eventuale nesso esistente tra la suddetta vicenda ed
il riferito rinvenimento di telefoni cellulari presso altri istituti
penitenziari,
non vi è dubbio, proprio in considerazione di quanto prima esposto,
che
trattasi di situazioni tra loro del tutto diverse,
tra cui non
può essere stabilito nessun collegamento.
La vicenda verificatasi a Trapani riguarda, infatti, l'introduzione,
peraltro
legittimamente autorizzata, di un computer e di un telefono cellulare
per motivi di servizio.
Quest’affermazione del MANZIONE appare assolutamente
assurda e gravissima, come fa un sottosegretario della Repubblica
italiana ad affermare “legittima l’introduzione di un telefono e
di un computer” da parte di un professionista esterno
all’Amministrazione penitenziaria dentro un carcere, quando questo
è assolutamente vietato come disposto dal Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria, Ufficio centrale del personale
Div. III Sez. A - Affari generali con nota prot. n. 091480/5.1 del 6
giugno 2000 che ha integrato alcune disposizioni già esistenti in
materia, peraltro ribadite con l’ordine di servizio nr. 175 del
24.06.2000 (allegato nr. 65), proprio a firma della stessa
Vazzana in qualità di direttore della casa Circondariale di
Trapani. Appare assolutamente strumentale la DISPOSIZIONE DI
SERVIZIO datata 11.06.2004 a firma del
Comandante di Reparto f.f. Ispettore Maurizio Trotti e
solamente vistato dal Direttore (guarda caso) che autorizza il
Geom. Massimo Leo ad accedere al reparto della Casa Circondariale
attraverso la seconda portineria con al seguito di computer portatile
e telefonino in quanto accessori indispensabili in quell’ambito
lavorativo (allegato nr. 66), in palese ed evidente
contraddizione ad una disposizione ministeriale e ad un ordine
di servizio firmato dallo stesso direttore. Questa evidente
contraddizione della VAZZANA si è resa necessaria per il
seguente motivo: doveva giustificare l’accesso, anche nelle
giornate precedenti del Leo. A questo punto nascono spontanee
le seguenti domande: 1) perché la Vazzana anzi di
redigere un ordine di servizio a propria firma per revocare il
precedente, anche se in parte e per un periodo limitato, quindi
assumendosi la piena responsabilità di quanto disposto, delega
questo delicatissimo e spinoso compito ad un Ispettore, suo
sottoposto? Forse per paura di essere incriminata? 2) Come mai
sotto la firma dell’ispettore Trotti appare scritto
solamente “V° IL DIRETTORE”, senza che compaia il suo nome e
cognome, apponendovi semplicemente una sigla? Forse per paura di
essere immediatamente “individuata”? 3) Può una
DISPOSIZIONE DI SERVIZIO di un Ispettore, prevalere e quindi
scavalcare una disposizione superiore ministeriale e di un
ordine di servizio, sempre superiore
a firma della VAZZANA
in qualità di direttore della Casa Circondariale di Trapani? 4)
perché la DISPOSIZIONE DI SERVIZIO è stata redatta solamente dopo
lo “scontro” verbale tra lo scrivente e la direttrice Vazzana?
Forse nel tentativo di “mettere le carte apposto”? Come mai non è
stata fatta una analoga DISPOSIZIONE DI SERVIZIO atta ad autorizzare
l’accesso col telefonino pure per quanto riguarda tale Menechini,
elettricista, anch’egli estraneo all’amministrazione
penitenziaria (allegato nr. 3 pag. nr. 4) di cui è stato
peraltro informato per iscritto il Di Somma, da cui ne
scaturiva un’attività ispettiva ministeriale? (allegato nr. 64
punto 18) 5) quale utilità professionale giustificava
l’irrinunciabile uso di un telefono cellulare ed un computer ad un
geometra ed a un elettricista, quest’ultimo mai citato in
nessuna occasione? 6) Quali erano le comunicazioni
urgenti, tali da giustificare l’uso di questi telefonini
all’interno di un carcere dove sono reclusi personaggi che scontano
pene per associazione a delinquere di stampo mafioso? 7) Come
mai non sono mai stati richiesti i tabulati telefonici riferiti alle
SIM inserite e/o intestate al Leo e al Menechini? Fiducia sulla
parola? Ci troviamo all’interno in un istituto penitenziario dove
sono ristretti mafiosi e pezzi da 90 o siamo dentro il bar dello
sport? 8) Come mai tutti gli altri addetti ai lavori
di ristrutturazione accedevano nel reparto soggetto ai lavori dalla
parte esterna, come previsto per tutti? In data 14.02.2005 mi
veniva interdetto l’accesso all’Istituto penitenziario con ordine
di servizio nr. 9 che si allega (allegato nr. 68)
firmato dalla Vazzana. In data 18.10.2005 veniva
disposto, con altro ordine di servizio n. 9 che si
allega (allegato nr. 69) che disponeva la modifica del
precedente ordine di servizio, sempre a firma della
Vazzana per consentirmi l’accesso all’Istituto per il
tempo strettamente necessario per adempimenti tecnici-burocratici.
Anche qui, vi pongo una semplicissima domanda: come mai ad un
appartenente della Polizia Penitenziaria in forza alla Casa
Circondariale di Trapani, viene negato l’accesso con un ordine
di servizio specifico, sia per il diniego stesso che per la
sua successiva modifica, mentre nel caso precedentemente riferito, ad
un ordine di servizio e ad una superiore
disposizione ministeriale, veniva opposto semplicemente
UNA DIPOSIZIONE DI SERVIZIO, a firma di un sottoposto,
che autorizzava l’accesso di un estraneo con telefonino e computer
al seguito? Come si vede in questo specifico, esistono molti punti
oscuri, ma tutti concordanti. Le
altre situazioni sono, invece, rappresentative di eventi critici,
verificatisi in modo del tutto sporadico e rispetto ai quali - mi
preme evidenziare - la risposta apprestata dall'amministrazione,
oltre che tempestiva, è stata assolutamente incisiva. Resta,
comunque, fermo l'impegno ad un controllo capillare volto ad
escludere il ripetersi di anomalie disfunzionali, che possano
incidere negativamente sul regolare e corretto esercizio
dell'amministrazione penitenziaria. Anche in questo
passaggio, si da atto che la risposta scritta, letta dal
sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, basa
esclusivamente le proprie considerazioni e convinzioni, non sulla
base di un lavoro d’indagine terza ed imparziale, ma sulle
esclusive affermazioni dell’Amministrazione Penitenziaria, che di
fatto è la “controparte” e quindi la parte avversa del
sottoscritto. Come a dire, al contrario, che il Manzione, avrebbe
potuto leggere quello che io gli avrei potuto scrivere, accettandolo
come la verità assoluta. Come fa un sottosegretario della Repubblica
italiana in
sede parlamentare, fare una gaffe del genere? Ma è possibile, non
capire che nessuna amministrazione, tirata in causa, si sarebbe
potuta dare torto da se stessa? Come si fa a prendere per oro colato,
“il lavoro”, contradditorio in molti casi, come si evince
chiaramente dagli allegati, dei vertici dell’amministrazione in
questione, quando sono perfino arrivati al punto di esprimere un
personale giudizio clinico psicologico-psichiatrico come se fossero
tutti laureati in psicologia e psichiatria, lavorando da molti anni
in strutture di salute mentale?
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Tutto
ciò premesso, il sottoscritto Giuseppe Picone, ut supra epigrafata,
dichiara di sporgere,
come in effetti sporge formale
DENUNCIA – QUERELA
nei confronti di Domenico
Manzione, ovvero contro tutte le persone che si riterranno
responsabili, per i reati p.e.p. dagli artt.
c.p., e per tutte le altre fattispecie di reato ravvisabili nei fatti
rappresentati.
Con riserva di
costituirsi parte civile per il risarcimento di tutti i danni morali
e materiali subiti e subendi e con richiesta di punizione del
responsabile dei fatti denunciati. Con riserva, altresì d’indicare
ulteriori documenti e mezzi istruttori che si renderanno utili per
l’accertamento dei fatti denunciati. Ci si oppone sin da subito ad
un’eventuale emissione di decreto penale di condanna. Ai sensi e
per gli effetti dell’art. 408 c.p.p., si chiede di essere avvisati
in caso di eventuale archiviazione del relativo procedimento, a cui
sin da subito ci si oppone.
A corredo si presentano nr 72 allegati per un totale complessivo di 114 pagine
A corredo si presentano nr 72 allegati per un totale complessivo di 114 pagine
Con Osservanza,
Trapani, 12 Maggio 2015 Firmato Giuseppe Picone
Trapani, 12 Maggio 2015 Firmato Giuseppe Picone
PER I LETTORI, se volete approfondire quanto scritto, troverete nella pagina più vecchia alcuni passaggi della denuncia documentate con atti.