domenica 11 ottobre 2015

SOLO SI MA RIMANGO ONESTO !

SOLO  SI  MA RIMANGO  ONESTO !

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01126

Pubblicato il 22 luglio 2014, nella seduta n. 287
Svolto nella seduta n. 396 dell'Assemblea (19/02/2015)

SANTANGELO , BERTOROTTA , SERRA , PAGLINI , CAPPELLETTI , DONNO , MORONESE , MANGILI , PUGLIA - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:
in data 11 giugno 2004 presso la casa circondariale di Trapani, intorno alle 8,30 del mattino, alla seconda porta dell'istituto penitenziario, dove si trovava in servizio Giuseppe Picone (ora ex agente di Polizia penitenziaria), si presentava un geometra civile nella qualità di responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione giudiziaria, il quale richiedeva l'accesso alla seconda porta, dove poteva entrare solo il personale autorizzato per lo svolgimento dei propri compiti, come stabilito da un ordine di servizio emesso dal Ministero della giustizia;
da notizie riportate dall'ex agente Picone, il geometra disponeva di un'autorizzazione di accesso dalla parte esterna dell'istituto, come per gli operai della ditta esecutrice dei lavori, e che lo stesso portava con se un computer e un telefonino portatile, palesemente in contrasto con quanto all'ordine di servizio citato;
relativamente all'uso dei telefoni cellulari all'interno della caserma agenti il Dipartimento amministrazione penitenziaria, Ufficio centrale del personale Div. III Sez. A - Affari generali con nota prot. n. 091480/5.1 del 6 giugno 2000 ha integrato alcune disposizioni già esistenti in materia;
a seguito della detta nota la direzione del carcere di Trapani, vista la situazione strutturale dell'istituto, con ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000, disponeva il divieto assoluto di introdurre i telefoni cellulari oltre la prima porta, eccezion fatta per i magistrati che accedono al penitenziario per ragioni del proprio ufficio;
l'ex agente Picone, in assenza di comando diverso dall'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2006 e quindi in assenza di autorizzazione scritta di accesso del geometra dalla seconda porta, si rifiutò di far entrare il professionista informandolo che avrebbe potuto farlo accompagnare all'ingresso della parte esterna dell'istituto, come già fatto per gli operai della ditta;
il geometra rispose che altri colleghi lo avevano fatto passare dalla stessa porta e che voleva parlare con il comandante, e pertanto Picone chiamò il sorvegliante capo Salvatore Fragale per metterlo a conoscenza dell'episodio. Quest'ultimo, recatosi alla seconda porta, confermò al geometra che in assenza di autorizzazione non si poteva accedere e che per questo motivo lo faceva accompagnare da altro assistente in servizio dalla parte esterna per raggiungere il posto di lavoro, previo passaggio dalla porta autorizzata;
detti avvenimenti portarono l'ispettore Maurizio Trotti, comandante di reparto facente funzioni, ad emettere una disposizione di servizio in data 11 giugno 2004, che autorizzava il geometra ad avere accesso alla seconda porta, con la seguente motivazione: "al fine di evitare problematiche e spiacevoli contrattempi, si autorizza con la presente il Geom. (…) (responsabile dei lavori di ristrutturazione della sez. Giudiziaria) a poter accedere dalla seconda portineria per recarsi al suddetto reparto. Comunicasi inoltre che lo stesso, come da precedenti disposizioni, può accedere con al seguito un computer e telefonino in quanto accessori indispensabili in quell'ambito lavorativo. Resta inteso che lo stesso dovrà comunque essere accompagnato da un appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria";
successivamente ad ulteriori denunce sui fatti accaduti, l'agente Picone, venne sottoposto a test psichiatrici e a relativi controlli nonché sospeso dal servizio; in seguito fu riammesso in servizio per averli superati, però dopo avere richiesto di essere reintegrato nel servizio, che aveva conquistato con concorso interno, questo gli fu negato ed assegnato ad altro collega, che in realtà non aveva gli stessi requisiti di Picone. Inoltre, per un'ulteriore reazione legata alla mancata assegnazione al servizio, l'agente Picone veniva sottoposto ad altri testpsicologici, per poi venir declassato e congedato;
considerato che:
da notizia ANSA del 24 aprile 2014 un telefono cellulare perfettamente funzionante con sim card è stato trovato nel carcere minorile di Nisida a Napoli;
da notizie ANSA del 10 luglio 2014 nel carcere di Torino un telefonino, perfettamente funzionante, è stato trovato nella cella di un detenuto romeno, e si tratta del terzo caso all'interno del penitenziario dopo i due apparecchi rinvenuti dalla Polizia penitenziaria nella precedente settimana;
a Padova, come da notizia del 13 luglio 2014, riportata dal sito web della Polizia penitenziaria, presso l'istituto penitenziario sono stati trovati 8 telefonini e schede sim negli armadietti di alcuni agenti, come emerso dall'indagine condotta dalla squadra mobile coordinata dal pubblico ministero, Sergio Dini, che ha portato all'arresto di 15 persone tra cui 6 secondini accusati di fornire ogni tipo di merce (droga, telefonini, filmporno) ai detenuti, ed in particolare ai boss mafiosi in regime carcerario duro, in cambio di soldi e di sostanze stupefacenti;
a seguito di attività investigativa degli organi competenti analoghi episodi nel recente passato hanno portato alla condanna di un assistente capo della Polizia penitenziaria della casa circondariale "Pagliarelli" di Palermo, perché portava in cella telefoni cellulari, schede e persino droga aboss ivi rinchiusi, in cambio di denaro e giocattoli per i propri figli;
dette condotte sono in evidente contrasto con le regole e gli usi vigenti all'interno degli istituti penitenziari, specie perché favoriscono la comunicazione col mondo esterno, in violazione dell'ordinamento penitenziario ex art. 18 e dell'art. 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
considerato inoltre che, a quanto risulta agli interroganti:
l'ex agente Giuseppe Picone aveva sempre operato nel rispetto delle norme vigenti e delle disposizioni a lui ordinate e per questa diligenza dopo 25 anni di servizio gli era stata riconosciuta la medaglia d'oro;
a seguito dei fatti accaduti la mattina dell'11 giugno 2004 presso la casa circondariale di Trapani e delle relative richieste di chiarimenti e denunce presentate dallo stesso Picone nei confronti dei superiori dell'istituto carcerario, lo stesso è arrivato a perdere il massimo punteggio di valutazione del servizio da 30 con giudizio ottimo (23 febbraio 2004) a 14 con giudizio mediocre (17 marzo 2005) e al definitivo congedo dal servizio avvenuto nel maggio 2006;
in realtà l'ex agente all'epoca dei fatti si era attenuto, nello svolgimento del proprio servizio, a quanto previsto dall'ordine di servizio vigente, pertanto non contravvenendo ad eseguire ordini superiori;
l'art. 30, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1999, n. 82, sancisce: "Qualora sia indispensabile procedere a successive variazioni del foglio di servizio, le stesse devono essere tempestivamente comunicate al personale interessato dal comandante del reparto o da un suo delegato",
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;
quali atti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere al fine di verificare se l'ex agente di Polizia penitenziaria, Giuseppe Picone, all'epoca dei fatti in servizio presso la casa circondariale di Trapani, abbia disatteso l'ordine di servizio vigente la mattina dell'11 giugno 2004 ed eventualmente quali demeriti di condotta, nell'espletamento del servizio, possano ascriversi allo stesso;
quali misure, nei limiti delle proprie attribuzioni, intenda adottare per la tutela dell'ex agente, fatte salve le competenze giuridiche degli organi competenti in materia;
se i fatti verificatisi presso la casa circondariale di Trapani possano essere riconducibili a quanto accaduto e denunciato recentemente dalla cronaca nazionale relativamente all'istituto penitenziario di Padova o al "Pagliarelli" di Palermo.

AULA DEL SENATO 19 FEBBRAIO 2015

Questo è il testo della risposta da parte del Sottosegretario del Ministero dell'Interno DOMENICO MANZIONE per conto del Ministro della Giustizia Orlando.

Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 396 del 19/02/2015

MANZIONEsottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, in risposta al senatore Santangelo, premetto che sulla vicenda descritta in interrogazione sono stati richiesti i necessari elementi informativi al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Dall'istruttoria compiuta, risulta che all'epoca dei fatti menzionati nell'atto ispettivo l'ex agente di Polizia penitenziaria Giuseppe Picone prestava servizio presso l'istituto penitenziario di Trapani. In data 11 giugno 2004, nel corso della normale attività di controllo presso la seconda portineria del reparto carcerario cui era stato destinato, l'assistente Picone veniva avvicinato dal responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione giudiziaria, nella persona del geometra Leo Massimo, e da questi richiesto di accedere al predetto reparto - temporaneamente chiuso per i lavori manutentivi in corso - accompagnato da un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria e munito di computer portatile e telefonino, in quanto strumenti necessari per l'espletamento del suo incarico. A quella richiesta il Picone opponeva il proprio rifiuto, motivandolo in ragione dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che sancisce «il divieto assoluto di introdurre i telefonini cellulari oltre la prima portineria, eccezion fatta per i magistrati che accedono in istituto per ragioni del proprio ufficio».
Per dirimere il contrasto giungeva sul posto l'allora direttore dell'istituto, dottoressa Vazzana, accompagnata dal comandante del reparto, la quale provvedeva ad impartire verbalmente l'ordine al Picone di fare entrare il geometra, autorizzando contestualmente l'ingresso in reparto delle predette dotazioni strumentali. Nonostante l'ordine verbale, il Picone reiterava il proprio comportamento ostativo, richiamando nuovamente i contenuti dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che, a suo dire, non ammetteva eccezioni. Nella stessa giornata il comandante di reparto provvedeva a comunicare per iscritto l'ordine impartito verbalmente, affiancando allo stesso una conforme disposizione di servizio, controfirmata dal direttore. Questa, dunque, la ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati.
Giova in proposito precisare che, con riferimento alla vicenda trattata, non è stata rinvenuta agli atti nessuna relazione di servizio a firma del Picone, né risulta che dai descritti avvenimenti dell'11 giugno 2004 per il Picone siano scaturite conseguenze disciplinari o giudiziarie, né tanto meno che, in conseguenza degli accadimenti descritti, vi sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per l'accertamento delle sue condizioni psichiche. Risultano invece agli atti della competente direzione diverse segnalazioni riguardanti il Picone, indirizzate alla commissione medico-ospedaliera sia in epoca precedente alla data dell'11 giugno 2004 che in epoca successiva. Dall'ultima di tali segnalazioni è scaturito a carico del Picone il provvedimento di dispensa dal servizio per infermità non dipendente da causa di servizio, disposto a decorrere dal 31 maggio 2006 su parere della commissione medica ospedaliera di Palermo.
Rilevo peraltro che il Picone, nel corso della propria carriera, è stato più volte destinatario di segnalazioni causate dalle relazioni, spesso conflittuali e tese, con gli altri operatori penitenziari. Tali segnalazioni non sono mai sfociate nell'assunzione da parte dell'amministrazione di provvedimenti disciplinari a suo carico. Per completezza segnalo che avverso i rapporti informativi degli anni 2004 e 2005 il Picone ha presentato ricorso: il primo è stato respinto nel merito, il secondo è stato respinto perché presentato fuori termine.
Per quanto riguarda, invece, l'ipotizzato ed eventuale nesso esistente tra la suddetta vicenda ed il riferito rinvenimento di telefoni cellulari presso altri istituti penitenziari, non vi è dubbio, proprio in considerazione di quanto prima esposto, che trattasi di situazioni tra loro del tutto diverse, tra cui non può essere stabilito nessun collegamento. La vicenda verificatasi a Trapani riguarda, infatti, l'introduzione, peraltro legittimamente autorizzata, di un computer e di un telefono cellulare per motivi di servizio. Le altre situazioni sono, invece, rappresentative di eventi critici, verificatisi in modo del tutto sporadico e rispetto ai quali - mi preme evidenziare - la risposta apprestata dall'amministrazione, oltre che tempestiva, è stata assolutamente incisiva.
Resta, comunque, fermo l'impegno ad un controllo capillare volto ad escludere il ripetersi di anomalie disfunzionali, che possano incidere negativamente sul regolare e corretto esercizio dell'amministrazione penitenziaria.

Questo è il video della lettura della risposta del Sottosegretario MANZIONE  e sia della REPLICA da parte del Senatore Vincenzo Maurizio Santangelo del Movimento Cinque Stelle.




PROCURA DELLA REUBBLICA C/O IL TRIBUNALE DI TRAPANI
ATTO DI DENUNCIA - QUERELA
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Il sottoscritto Giuseppe Picone, nato a Nicosia (EN) il 18.08.1959, e residente in Trapani.
espone quanto segue

In data 19 febbraio 2015 presso l’aula del Senato della Repubblica in Roma, verso le ore 17 circa, il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, rispondeva ad interrogazione Parlamentare presentata da un gruppo di senatori del MoVimento Cinque Stelle per fatti che riguardavano il mio operato come Assistente Capo della Polizia Penitenziaria, in forza alla Casa Circondariale di Trapani, e nell’occasione, il Manzione, dando lettura alla sua risposta, che si allega in forma di trascrizione e supporto DVD (allegato nr.1), in alcuni passaggi faceva emergere palesi incongruenze che ledono e offendono la mia persona che si appresta a rappresentare sottolineandone il testo nelle parti “incriminate”: Signora Presidente, in risposta al senatore Santangelo, premetto che sulla vicenda descritta in interrogazione sono stati richiesti i necessari elementi informativi al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Dall'istruttoria compiuta, risulta che all'epoca dei fatti menzionati nell'atto ispettivo l'ex agente di Polizia penitenziaria Giuseppe Picone prestava servizio presso l'istituto penitenziario di Trapani…..l'assistente Picone veniva avvicinato dal responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione giudiziaria, nella persona del geometra Leo Massimo, e da questi richiesto di accedere al predetto reparto - temporaneamente chiuso per i lavori manutentivi in corso - accompagnato da un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria e munito di computer portatile e telefonino, in quanto strumenti necessari per l'espletamento del suo incarico. Tale affermazione, sottolineata, non risponde a verità, in quanto il geometra Leo, giungeva da solo alla sala d’aspetto della seconda porta, dove ero di servizio. Ad avvalorare tale circostanza, lo si evince in maniera chiara, dalla dichiarazione redatta dal Sovrintendente Capo Salvatore Fragale (allegato nr.2), che disponeva appunto, l’accompagnamento del Leo dalla sala d’attesa, prospicente la seconda porta, al posto dove accedevano tutti i muratori per via esterna. Per dirimere il contrasto giungeva sul posto l'allora direttore dell'istituto, dottoressa Vazzana, accompagnata dal comandante del reparto, la quale provvedeva ad impartire verbalmente l'ordine al Picone di fare entrare il geometra, autorizzando contestualmente l'ingresso in reparto delle predette dotazioni strumentali. Nonostante l'ordine verbale, il Picone reiterava il proprio comportamento ostativo, richiamando nuovamente i contenuti dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che, a suo dire, non ammetteva eccezioni. Nella stessa giornata il comandante di reparto provvedeva a comunicare per iscritto l'ordine impartito verbalmente, affiancando allo stesso una conforme disposizione di servizio, controfirmata dal direttore. Questa, dunque, la ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati. Tale affermazione non risponde a verità, poiché il fatto testé citato, non è avvenuto nella stessa giornata come contestualizzata temporalmente dal MANZIONE, ma in data successiva e precisamente l’11.06.2004, in una situazione analoga, dove a svolgere il compito di sorveglianza generale era l’Ispettore Ciaramella e non il Sovrintendente Capo Salvatore Fragale come dall’allegato nr. 2 precedentemente citato, ha suo tempo dichiarato dallo scrivente in sede di dichiarazioni spontanee rese in data 21 marzo 2006 che si allega (allegato nr.3 a pag. 3) presso gli Uffici dell’U.E.P.E. di Trapani. Si fa notare inoltre che nella circostanza il direttore Vazzana, era da sola e non in compagnia del comandante del reparto, ed in presenza del Sovrintendente Giuseppe D’Asta, la stessa rivolgendosi al sottoscritto pronunciava testualmente: ”SIETE TESTA DI CAZZO”, come riportato nella dichiarazione redatta dallo stesso D’Asta che si allega (allegato nr. 4), dove peraltro si evince con certezza la data del fatto, episodio di rilievo “stranamente” omesso dal sottosegretario MANZIONE, e per il quale la direttrice non è stata mai punita. Ma di quale “ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati.”
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Stiamo parlando? Basta leggere la relazione redatta il 10.03.2007 dall’Ufficio Ispettivo del DAP, nella persona del dirigente di verifica Giacinto Siciliano, che nell’occasione, oltre a manifestare una conoscenza specifica nel campo psicologico-pschiatrico, (allegato nr. 70 pag. 3) non manifestava alcun interesse a procedere ad una seria ed approfondita ispezione per cui era stato incaricato dal superiore ministero, infatti, durante il nostro dialogo, lo stesso Siciliano non faceva altro che rispondere continuamente al suo telefonino interrompendo continuamente il discorso, trovando il suo apice, durante un’ulteriore conversazione telefonica, dove diceva al suo interlocutore, che avrebbe preso il primo volo utile del pomeriggio per far rientro in sede. Dopo aver sentito quest’ultima telefonata, intuendo chiaramente la vera natura di questa farsa, vestita da ispezione ministeriale, e che conseguentemente non sarebbe andato a Trapani, visti chiaramente i tempi residui della sua permanenza in Sicilia, a verificare le dinamiche dei fatti, e soprattutto ad ascoltare i numerosi testimoni che avevano relazionato a mio favore, ma soprattutto dove aveva avuto origine la vicenda in questione, salutavo e lasciavo la sede dell’incontro, ancora una volta amareggiato avendo la netta sensazione che la verità non interessava a nessuno, facevo ritorno a Trapani. In modo assolutamente fuori dalla realtà dei fatti, il Giacinto Siciliano, in sede di relazione, durante un passaggio, scriveva testualmente: “Alla luce di quanto emerso nel corso dell’audizione e del comportamento assunto dall’interessato, non si è ritenuto, come concordato per le vie brevi, procedere ad ulteriori accertamenti presso la c.c. di Trapani” come da allegato nr. 70 pag. 4. Come dire, oltre al danno anche la beffa. Giova precisare, che il Siciliano, disattendeva la disposizione precisa ricevuta di recarsi a Trapani, come si evince dall’allegato nr. 64, ultima pagina nelle conclusioni, e appare assolutamente pretestuosa la motivazione che di fatto non lo ha portato a Trapani, come se ciò dipendesse dal nostro dialogo, e non dalle direttive specifiche ricevute. Quest’atteggiamento del Siciliano, appare gravissimo, perché recandosi a Trapani, avrebbe dovuto sentire immediatamente per primo l’Ispettore Ciaramella, che paradossalmente egli stesso nomina nella sua relazione (allegato nr.70 pag. 2) che paradossalmente non era mai stato ascoltato da nessuno, e che rivestiva la veste del “testimone chiave” dell’episodio del telefonino che innescava l’intera vicenda. Si fa presente che il signor Giacinto Siciliano, risulta essere indagato in atto, per i noti fatti, che riguardano la vicenda denominata “PROTOCOLLO FARFALLA” come dall’allegato nr. 71 che hanno una grande attinenza con la gestione interna proprio delle carceri italiane, dove venivano disattese guarda caso le normative che ne regolano l’accesso a persone e/o cose. Giova in proposito precisare che, con riferimento alla vicenda trattata, non è stata rinvenuta agli atti nessuna relazione di servizio a firma del Picone, né risulta che dai descritti avvenimenti dell'11 giugno 2004 per il Picone siano scaturite conseguenze disciplinari o giudiziarie, né tanto meno che, in conseguenza degli accadimenti descritti, vi sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per l'accertamento delle sue condizioni psichiche. Risultano invece agli atti della competente direzione diverse segnalazioni riguardanti il Picone, indirizzate alla commissione medico-ospedaliera sia in epoca precedente alla data dell'11 giugno 2004 che in epoca successiva. L’odierno scrivente non relazionava in merito per il semplice motivo che i vertici dell’Istituto penitenziario avevano, come sopra descritto, appreso direttamente notizia dei fatti, e considerato che “l’ambiente lavorativo si era particolarmente surriscaldato” coglieva l’occasione, nella stessa giornata dell’11 di giugno, di produrre istanza (allegato nr. 5) per essere assegnato al servizio esterno l’Istituto, e precisamente al lido balneare dell’Amministrazione (allegato nr. 6), nella speranza che allontanandomi dall’Istituto stesso e trascorso un periodo di tempo pari a quattro mesi circa, al mio ritorno avrei trovato un ambiente rasserenato, ma purtroppo così non era, anzi, addirittura era peggiorato, infatti, alla prima occasione utile, e precisamente in data 9.11.2004, durante una contrattazione sindacale, dove rivestivo il ruolo di rappresentante della C.G.I.L., il comandante Giuseppe La Torre, notata la mia presenza quale componente
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della delegazione stessa, in modo visibilmente alterato, faceva osservare che la delegazione in questione non era di suo gradimento, e gridando, si allontanava dalla sala riunione. La direttrice Francesca VAZZANA, nella predetta circostanza, anzi di buttare “acqua sul fuoco”, andava in escandescenza, affermando che la mia presenza era d’ostacolo alla prosecuzione della trattativa sindacale, con il chiaro intento di cacciarmi via, e non contenta di quanto già accaduto, rivolta al mio indirizzo profferiva la seguente frase: “IL PAZZO INCAPACE DI INTENDERE E DI VOLERE”, (già da questo episodio, appare ben chiara la volontà della direttrice di “marchiarmi” come pazzo) e dopo aver buttato per aria le sue carte, abbandonava la sede dell’incontro in evidente stato di agitazione. Per tali gravi comportamenti subiti, la Segreteria Provinciale della C.G.I.L. di Trapani redigeva un energico documento sindacale di protesta indirizzato dei vertici locali, regionali e nazionali dell’Amministrazione Penitenziaria, che si allega (allegato nr. 7), dove si denunciava in termini chiari ed inequivocabili i comportamenti assunti dal La Torre e dalla Vazzana nei miei confronti sia dal punto di vista personale che di rappresentante di categoria, in aperta violazione di legge come quanto previsto dall’articolo 21 della Costituzione Italiana e dell’articolo 19 della legge 395/90. Per notizia, nessuno dei due personaggi in questione è stato mai raggiunto da alcun provvedimento di natura disciplinare e/o di altro genere, ma paradossalmente, quasi certamente per “pararsi il colpo” il giorno successivo 10.11.2004, la direttrice mi inviava a visita medica presso il medico del Corpo (allegato nr. 8) per accertare la mia idoneità incondizionata al servizio d’Istituto per comportamenti anomali assunti durante la riunione sindacale della giornata precedente, non solo in evidente contraddizione con lo svolgimento dei fatti stessi, ma arrogandosi perfino il ruolo di psicologa o psichiatra, che chiaramente non rivestiva, riconosciuto in maniera “amena” dalla stessa in un secondo tempo come riferito nell’allegato nr.62, palesando un evidente abuso di potere, e un atteggiamento chiaramente vendicativo e vessatorio nei miei confronti, come peraltro risulta riscontrato da una missiva a firma del Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr. Gianfranco De Gesu (allegato nr. 60). Quindi risulta non tecnicamente corretto il passaggio del sottosegretario Manzione in cui si fa riferimento a:”….. vi sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per l'accertamento delle sue condizioni psichiche., poiché tale passaggio è necessariamente preceduto tecnicamente dall’invio al medico del Corpo che è l’unico soggetto che a sua volta può disporre l’invio alla Commissione Medica Ospedaliera, come nella realtà è avvenuto, e come si evince chiaramente dall’allegato nr. 9. A conferma dell’atteggiamento persecutorio posto in essere dalla Vazzana, si precisa, che lo scrivente prima di essere sottoposto a visita medica da parte del medico del Corpo che mi inviava alla successiva Commissione Medica Ospedaliera, veniva sottoposto su propria richiesta a visita medica da parte del medico del Lavoro Dr. G. Peralta che si allega (allegato nr.10) dove non veniva riscontrata nessuna patologia come si evince dal certificato in questione che testualmente recita: “IDONEO ALLA MANSIONE SPECIFICA”, ma evidentemente l’esito negativo di questa visita medica, non soddisfaceva le aspettative della Vazzana, tanto che ne scaturiva l’invio dal medico del Corpo come sopra citato, e tramite il comandante La Torre, veniva disposto il mio accompagnamento da parte dell’Ispettore Superiore Buffa Michele (allegato nr. 11) come se fossi in stato detentivo o una persona pericolosa. Dall’11.11.2004 fino al 22.12.2004, sono stato a disposizione della Commissione Medico Ospedaliera di Palermo, dove oltre ad essere stato sottoposto a visite specialistiche psicologiche e psichiatriche, ho eseguito numerosi accertamenti, sempre della stessa natura, il tutto concluso con la mia idoneità al servizio d’Istituto come da relativo verbale medico legale che si allega (allegato nr. 12), redatto dalla C.M.O. di Palermo. Al mio rientro da quest’ultima sede, con mia grande sorpresa, pur constatata e certificata senza ombra di dubbio alcuno la mia piena e completa idoneità al servizio d’Istituto, mi vedevo incoerentemente rimosso da responsabile del magazzino vestiario agenti, come si evince dall’allegato nr. 13, a vero e proprio “tappa buchi” o “Jolly” che dir si voglia, Il mio posto di servizio, variava di giorno in giorno, secondo le “necessità” dell’Ufficio Servizi senza tenere nel dovuto conto la mia anzianità di servizio, riscontrato come da una missiva, peraltro dal Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr. 
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Gianfranco De Gesu (allegato nr. 60) confermate dal Provveditore Orazio Faramo (allegato nr.61) e senza che abbia mai trasferito le consegne scritte con relativo inventario del materiale ivi custodito di cui avevo la piena ed esclusiva responsabilità, assunta al momento dell’incarico dal precedente responsabile, come da prassi, all’eventuale collega “subentrante” del magazzino stesso. Da questa situazione “anomala” originata dalla mia richiesta di chiarimenti (allegato nr.14, allegato nr. 15, allegato nr. 16, allegato nr. 17 e allegato nr. 18), ne scaturiva un’azione di carattere disciplinare che veniva archiviata, che palesava un’evidente violazione del D.L. 449/92 art. 10 punto 3, e ben quattro di natura penale, tre dei quali venivano archiviati (allegato nr. 19) e nel quarto, assolto (allegato nr.20), quindi considerando i “buchi” temporali che vanno dal servizio balneare alla disposizione della C.M.O., i narrati fatti, sono la diretta conseguenza di quanto accaduto l’11.06.2004, e seguono un “perfetto” filo logico e temporale, confermando un vero e proprio mobbing, infatti, precedentemente, nei miei primi ventisei anni di servizio, non era accaduto nulla di tutto questo. A conferma della persecuzione posta in essere nei miei confronti, nella medesima circostanza sopracitata, la Vazzana e il La Torre non pienamente sodisfatti delle misure disciplinare e penali a cui mi avevano assoggettato, ricorrevano ad un nuovo invio dal sanitario del Corpo che a sua volta, mi rinviava alla C.M.O. di Palermo, a distanza di appena ventuno giorni, su segnalazione che si allega (allegato nr. 21) del comandante Giuseppe La Torre, che nella circostanza si trasformava da fine conoscitore delle leggi, tanto da violare il D.L. 449/92 art.10 punto, in occasione di una contestazione di addebiti disciplinari, a operatore navigato psicologo e psichiatra, senza tenere minimamente conto che il sottoscritto, come da protocollo medico, non poteva essere inviato una seconda volta a visita psicologica-psichiatrica, senza aver trascorso un lasso di tempo minimo di un anno dagli ultimi accertamenti eseguiti. Per giustificare fin quanto qui descritto, sia il La Torre, sia l’Assistente Capo Luigi Malato che il dottor Alberto Barbata (allegato nr.22) sono ricorsi ad affermazioni mendaci, smentiti sia dagli altri colleghi presenti ai fatti, come gli Assistenti Capo Giacomo Ruggirello (Allegato nr. 16) Enrico Pipitone (allegato nr. 18), Ispettore Michele Balbi (allegato nr. 23) Alberto Adamo (allegato nr.24) Pietro La Pica (allegato nr.25), e dall’esito negativo dei relativi procedimenti penali e disciplinari che ne erano scaturiti. Dall'ultima di tali segnalazioni è scaturito a carico del Picone il provvedimento di dispensa dal servizio per infermità non dipendente da causa di servizio, disposto a decorrere dal 31 maggio 2006 su parere della commissione medica ospedaliera di Palermo. L’affermazione sottolineata che fa riferimento al verbale di dispensa redatto dalla C.M.O. di Palermo, (allegato nr.26) non coincide, secondo la documentazione in possesso del sottoscritto, che si allega (allegato nr. 27, 28, 29, 30 e 31), stesa sempre dalla stessa C.M.O. di Palermo, che nel suo giudizio medico legale, in occasione dei periodi di convalescenza concessi, riporta testualmente “DISCONTROLLO DEGLI IMPULSI CON DISADATTAMENTO E STATO ANSIOSO DEPRESSIVO (e simili)è SI dipendente da causa di servizio. Questo “trattamento” conferma ancora una volta, lo stato di mobbing a cui è stato costretto lo scrivente, subendo l’ulteriore abuso e subendo ancora una volta l’onta di essere marchiato come un “pazzo”. Rilevo peraltro che il Picone, nel corso della propria carriera, è stato più volte destinatario di segnalazioni causate dalle relazioni, spesso conflittuali e tese, con gli altri operatori penitenziari. Tali segnalazioni non sono mai sfociate nell'assunzione da parte dell'amministrazione di provvedimenti disciplinari a suo carico. Tale affermazione risulta completamente priva di ogni fondamento. Lo scrivente in seno al proprio ambiente lavorativo, ha sempre tenuto ottimi rapporti con tutti i colleghi. Tale stato di cose è comprovato dal semplice fatto che la segreteria provinciale della più grande confederazione sindacale del paese, e precisamente a C.G.I.L., ha ritenuto utile e proficuo affidarmi l’incarico di rappresentante locale. Il Manzione si contraddice clamorosamente, infatti, come può un’amministrazione fondata sulla gerarchia “sorvolare” ed “omettere” continuamente dei provvedimenti disciplinari a carico di un soggetto che “spesso” ha tenuto comportamenti conflittuali con i colleghi per ben ventisei anni? Dove sono i documenti che provano tali manifestazioni? Qual’ è il filo logico che perdona ogni cosa fin quando si tratta di litigare con i colleghi e improvvisamente si scatena in una vera e propria guerra, dal momento che lo scrivente, attenendosi al regolamento penitenziario, fa notare ai propri vertici un’inosservanza dello stesso? E’ proprio da quel preciso momento, e precisamente dal giugno del 2004 che iniziano le prime controversie
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con alcuni appartenenti dell’amministrazione penitenziaria, non prima, come fin qui ampiamente documentato. La condotta della direttrice Vazzana, è arrivata al punto, pur di distruggermi, di scrivere il falso, come quanto riscontrabile nella documentazione che si allega (allegato nr. 32, allegato nr. 36 e allegato nr. 38) dove nella circostanza, riferita ad una mia richiesta d’accesso agli atti (allegato nr. 37), rispondeva per iscritto di non essere nella disponibilità di fornirmi una relazione a firma dell’Ispettore Giuseppina Graceffa (allegato nr.39), poiché trasmessa all’Autorità Giudiziaria. Fin da subito, tale risposta appariva fin troppo immotivata, poiché qualsiasi Ufficio che trasmette un atto ad un’altra amministrazione, produce una copia che rimane agli atti, e una seconda come minuta della ricevuta trasmissione. Da due mie richiesta di accesso agli atti presso l’Autorità Giudiziaria che si allega (allegato nr. 33 e allegato nr. 34) veniva a conoscenza che tale relazione non era mai stata trasmessa dalla Casa Circondariale di Trapani (allegato nr. 35), quindi non disponibile ai loro atti. Pertanto, avendo avuto conferma scritta dalla Procura della Repubblica di Trapani, ritornavo nuovamente a chiedere la copia (allegato nr. 42) della relazione in questione, presso la Casa Circondariale di Trapani, ma la Vazzana, pur di negarmi il diritto di acquisire l’atto in questione, inizialmente, in maniera veramente pretestuosa, affermava di non poter aderire alla mia richiesta perché non sussistevano i motivi per concedere tale copia (allegato nr. 43) per poi smentirsi oltre 6 mesi dopo, asserendo, come dal principio di non essere in possesso della relazione della Graceffa (allegato nr. 44). Quattro anni dopo, ad una mia reiterata richiesta in tal senso, la nuova direttrice D.ssa Maria Luisa Malato, mi forniva la relazione precedentemente citata immediatamente e senza problemi (allegato nr. 41 ). Il motivo per il quale la Vazzana non voleva rilasciare la copia della relazione della Graceffa, è semplice: la direttrice voleva nascondere la verità allo scrivente, infatti, sia dalla relazione della stessa ispettrice sia dalle sommarie informazioni rese dalla stessa ai Carabinieri della sezione di P.G. della Procura della Repubblica di Trapani, si evince con chiarezza che: “IL PICONE SI ERA RIVOLTO ALLA MIA PERSONA IN MANIERA MOLTO TRANQUILLA” in palese contraddizione da quanto affermato dalla Vazzana al Provveditore regionale per la Sicilia (allegato nr. 38 e ribadito nell’allegato nr. 62), suo superiore gerarchico, dove peraltro si fa riferimento al suicidio del collega Giovanni Corbasa, e alla Procura della Repubblica di Trapani (allegato nr. 32). Tale comportamento omissivo della verità viene fuori in tutta la sua drammatica e vergognosa espressione, durante una sua comunicazione scritta indirizzata al Provveditore Orazio Faramo, (allegato nr. 62) dove testualmente riporta:” PER ULTIMO, SI AUSPICA CHE LA SUA NOTA SIA SOTTRATTA AD OGNI POSSIBILITA’ DI ACCESSO DA PARTE DELL’ASSISTENTE CAPO PICONE, DAL MOMENTO CHE LE NON CONDIVISE VALUTAZIONI IN ESSA CONTENUTE DOVREBBERO APPARIRE ALLO STESSO, NELLA SUA PERSONALISSIMA RAPRESENTAZIONE DELLA REALTA’, COME UN RICONOSCIMENTO DELLA FONDATEZZA DEI SENTIMENTI DI AVVERSIONE CHE EGLI NUTRE VERSO LA ESPONENTE SENTIMENTI CHE LA S.V. STESSA HA PERSONALMENTE RAPRESENTATO ALLA SCRIVENTE ANCHE NELLA RECENTE CONVERSAZIONE TELEFONICA DEL 26.04.2006 Anche per questa condotta appena descritta, la Vazzana non è stata mai punita in sede penale, amministrativa, disciplinare e civile anche se ben evidenziata dal Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr. Gianfranco De Gesu (allegato nr. 60) ribadite dal Provveditore Orazio Faramo (allegato nr.61). Per completezza segnalo che avverso i rapporti informativi degli anni 2004 e 2005 il Picone ha presentato ricorso: il primo è stato respinto nel merito, il secondo è stato respinto perché presentato fuori termine. Anche questa affermazione, pur apparendo corretta nel suo contenuto, è l’ennesimo frutto della persecuzione che lo scrivente ha dovuto subire, l’ennesimo abuso che adesso andrà a descrivere e documentare dettagliatamente con puntualità, come sarebbe sicuramente emerso nella sua drammaticità, qualora il Manzione o chi per lui avesse analizzato la documentazione con la dovuta accortezza che il caso richiedeva. Per meglio capire di cosa stiamo parlando, è utile ed opportuno partire dall’anno precedente, e precisamente l’anno 2003 (allegato nr. 45), quando il giudizio complessivo del rapporto informativo dello scrivente era di 30 punti, cioè il massimo previsto con il giudizio di “ottimo”, che per ogni voce riportata raggiungeva il massimo dei tre punti previsti. L’anno 2004 (allegato nr. 46), compilato nel 2005, veniva
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decurtato di tre punti, per quanto riguarda la compilazione operata dal comandante La Torre, a cui si sommava un ulteriore detrazione di altri quattro punti ad opera della direttrice Vazzana, fissando un giudizio complessivo pari a punti 23. Quest’ultima diminuzione di punti, non poteva essere operata dalla stessa, poiché l’art. 48 lettera B del D.L. n. 443 non lo consente. Nella prassi comune, la decurtazione massima operata ai danni di un dipendente durante un anno, può essere di massimo due punti, e le ragioni che la determinano devono essere ben argomentate, documentate e motivate, poiché l’amministrazione non può rischiare di esercitare una vera e propria forma diffamatoria, discriminatoria e pregiudizievole nei confronti del dipendente stesso, come affermata da consolidata giurisprudenza del Giudice del Lavoro. In considerazione di ciò, provvedevo a far ricorso alla Commissione ministeriale ex art. 50 con sede in Roma, che con mia grande sorpresa rigettava, con una motivazione assolutamente sintetica e generica. Nell’anno 2006, veniva compilato il rapporto informativo riferito all’anno 2005 (allegato nr. 47). Anche in quest’occasione, pur avendo lavorato per soli undici giorni durante l’anno in esame, il giudizio complessivo, veniva ulteriormente tagliato di ben nove punti complessivi, di cui cinque da parte della Vazzana. Praticamente dal punteggio massimo di 30 punti del 2003 con il giudizio di “ottimo”, si passava al 2005 con il punteggio complessivo di 14 punti con il giudizio di “mediocre”, come a dire che un affermato professionista, nel giro di due anni si fosse trasformato, dopo 26 anni di onorato e immacolato servizio, improvvisamente in un principiante incapace, subendo un crollo verticale di ben sedici punti di valutazione (oltre la metà) delle sue capacità professionali, morali, culturali, di giudizio ecc. ecc., guarda caso in evidente e palese contraddizione con quanto attestato dal superiore Ministero della Giustizia che in data 26 .11.2006 conferiva allo scrivente la medaglia d’oro al merito di servizio (allegato nr.67). Anche per quanto attiene la presentazione del ricorso riferito all’anno 2005, va precisato che in realtà il ricorso è stato presentato per ben due volte, il primo in data 03.04.2006, quindi entro i termini previsti dalla legge, sotto forma di comunicazione urgente (allegato nr. 50) diretta al dirigente vicario Gianfranco De Gesu del Provveditorato Regionale “Sicilia” come previsto dall’art. 2 comma 3 del D.L. 449/92 (allegato nr. 48), e il secondo in data 04.07.2006 (allegato nr. 49), sempre entro i termini previsti dalla legge, come si capirà più avanti dalla descrizione dei fatti, anche se detta affermazione a primo impatto appare contradittoria. Poco prima di aver notificato il risultato del rapporto informativo del 2005, precisamente il 03.04.2006, lo scrivente era stato sentito a sommarie informazioni, anche nel merito del giudizio del rapporto informativo dell’anno 2004 (allegato nr. 3) dal Dr. De Gesu il 21.03.2006. A questo punto, si inserivano nel contesto anche le figure del Vice capo del Dipartimento Penitenziario Emilio Di Somma e del Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria per la Sicilia Orazio Faramo. Per una maggiore e dettagliata descrizione dei fatti, che in questa sede sarebbe un’interminabile dilungare, si rimanda agli allegati nr. 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58. Dopo un vero e proprio scarica barile, ed un intreccio tortuoso e contrastante da parte dei tre alti funzionari predetti, l’Orazio Faramo in data 26.06.2006 come dall’allegato nr. 53, mi invitata a produrre ricorso (cosa che facevo in data 04.07.2006 come da allegato 49 alla Commissione ministeriale ex art. 50, quindi se prendiamo per buono quanto riferito da quest’ultimo, di fatto si sarebbe dovuto riaprire il termine da quella data, in quanto la comunicazione dello stesso era stata formulata fuori dai termini se consideriamo la prima data di notifica, ma in aperta contraddizione per quanto scritto dal suo diretto superiore, Dr. Emilio Di Somma in data successiva 10.08.2006 come da allegato nr. 58, che di fatto ribadiva la correttezza del primo ricorso presentato come previsto dal predetto art. 2 comma 3 del D.L. 449/92 (allegato nr. 48). Da questo si può ben capire in quale stato confusionale più totale, si muovevano i più alti vertici dell’Amministrazione Penitenziaria nazionale. In buona sostanza, il Faramo, secondo il D.L. predetto e come disposto e ribadito dal Di Somma non doveva far altro che trasmettere immediatamente alla Commissione ministeriale ex art. 50 quanto da me prodotto in data 03.04.2004 con invio di fax urgentissimo, e precisamente nello stesso giorno in cui mi era stato notificato il rapporto informativo in questione, o in alternativa, informarmi immediatamente di rivolgermi direttamente all’ufficio ministeriale competente. Molto probabilmente, per motivi non a conoscenza dello scrivente, 
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ma facilmente intuibili, il Faramo di fatto, facendo passare tutto questo tempo, faceva si da far scadere i termini del ricorso in questione, quindi ancora una volta appare palese un comportamento da parte di soggetti diversi, di “penalizzare” di fatto l’odierno scrivente. Lo stesso Faramo, come si evince al punto nr. 12 dell’allegato nr. 64, redatto dal Di Somma in data 15.12.2006, chiede a quest’ultimo di non rendermi edotto delle risultanze degli accertamenti effettuati. La domanda sorge spontanea. Perché non dovevo sapere? Come si può ben comprendere da questa situazione, dove ognuno dice la sua, in contraddizione all’altro, la risposta fornita dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (allegato nr.59) in ordine al ricorso del rapporto informativo in questione, non è da ritenersi obiettiva e giusta. L’unica costante, quella di penalizzare sempre e comunque lo scrivente (come si evince dall’allegato nr. 63, dove anche il De Gesu si trasforma in psicologo navigato e disegna il presente quadro psicologico a carico dello scrivente: “….da cui si denota la personalità psicotica con tratti paranoici in fase acuta.”), e sempre e comunque in violazione di leggi e regolamenti, mentre per tutti gli altri soggetti presenti in questa storia è accaduto l’esatto opposto, sempre e comunque “innocenti” in ogni loro comportamento. In ultimo, ma non per importanza, anzi, si fa rilevare che la Vazzana ancora una volta, ha dichiarato il falso, mettendolo per iscritto sul rapporto informativo relativo all’anno 2005, con la seguente testuale frase: ….”tenuto conto dei procedimenti penali e disciplinari a suo carico, anche nei confronti della scrivente”….. . Premettendo che non è mai esistito alcun provvedimento penale e disciplinare collegato tra lo scrivente e la Vazzana, ancora una volta si palesa in tutta la sua prepotenza l’ennesimo atto persecutorio e di falsità nei miei confronti, sempre nella più totale impunità in cui ha potuto operare e agire la stessa direttrice fino all’ultimo, anche se lo scrivente ha prodotto numerosissima documentazione comprovante con assoluta certezza, la pessima condotta della stessa funzionaria, indirizzando la predetta documentazione a numerosi soggetti delle varie istituzioni. Per quanto riguarda, invece, l'ipotizzato ed eventuale nesso esistente tra la suddetta vicenda ed il riferito rinvenimento di telefoni cellulari presso altri istituti penitenziari, non vi è dubbio, proprio in considerazione di quanto prima esposto, che trattasi di situazioni tra loro del tutto diverse, tra cui non può essere stabilito nessun collegamento. La vicenda verificatasi a Trapani riguarda, infatti, l'introduzione, peraltro legittimamente autorizzata, di un computer e di un telefono cellulare per motivi di servizio. Quest’affermazione del MANZIONE appare assolutamente assurda e gravissima, come fa un sottosegretario della Repubblica italiana ad affermare “legittima l’introduzione di un telefono e di un computer” da parte di un professionista esterno all’Amministrazione penitenziaria dentro un carcere, quando questo è assolutamente vietato come disposto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ufficio centrale del personale Div. III Sez. A - Affari generali con nota prot. n. 091480/5.1 del 6 giugno 2000 che ha integrato alcune disposizioni già esistenti in materia, peraltro ribadite con l’ordine di servizio nr. 175 del 24.06.2000 (allegato nr. 65), proprio a firma della stessa Vazzana in qualità di direttore della casa Circondariale di Trapani. Appare assolutamente strumentale la DISPOSIZIONE DI SERVIZIO datata 11.06.2004 a firma del Comandante di Reparto f.f. Ispettore Maurizio Trotti e solamente vistato dal Direttore (guarda caso) che autorizza il Geom. Massimo Leo ad accedere al reparto della Casa Circondariale attraverso la seconda portineria con al seguito di computer portatile e telefonino in quanto accessori indispensabili in quell’ambito lavorativo (allegato nr. 66), in palese ed evidente contraddizione ad una disposizione ministeriale e ad un ordine di servizio firmato dallo stesso direttore. Questa evidente contraddizione della VAZZANA si è resa necessaria per il seguente motivo: doveva giustificare l’accesso, anche nelle giornate precedenti del Leo. A questo punto nascono spontanee le seguenti domande: 1) perché la Vazzana anzi di redigere un ordine di servizio a propria firma per revocare il precedente, anche se in parte e per un periodo limitato, quindi assumendosi la piena responsabilità di quanto disposto, delega questo delicatissimo e spinoso compito ad un Ispettore, suo sottoposto? Forse per paura di essere incriminata? 2) Come mai sotto la firma dell’ispettore Trotti appare scritto solamente “V° IL DIRETTORE”, senza che compaia il suo nome e cognome, apponendovi semplicemente una sigla? Forse per paura di essere immediatamente “individuata”? 3) Può una DISPOSIZIONE DI SERVIZIO di un Ispettore, prevalere e quindi scavalcare una disposizione superiore ministeriale e di un ordine di servizio, sempre superiore
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a firma della VAZZANA in qualità di direttore della Casa Circondariale di Trapani? 4) perché la DISPOSIZIONE DI SERVIZIO è stata redatta solamente dopo lo “scontro” verbale tra lo scrivente e la direttrice Vazzana? Forse nel tentativo di “mettere le carte apposto”? Come mai non è stata fatta una analoga DISPOSIZIONE DI SERVIZIO atta ad autorizzare l’accesso col telefonino pure per quanto riguarda tale Menechini, elettricista, anch’egli estraneo all’amministrazione penitenziaria (allegato nr. 3 pag. nr. 4) di cui è stato peraltro informato per iscritto il Di Somma, da cui ne scaturiva un’attività ispettiva ministeriale? (allegato nr. 64 punto 18) 5) quale utilità professionale giustificava l’irrinunciabile uso di un telefono cellulare ed un computer ad un geometra ed a un elettricista, quest’ultimo mai citato in nessuna occasione? 6) Quali erano le comunicazioni urgenti, tali da giustificare l’uso di questi telefonini all’interno di un carcere dove sono reclusi personaggi che scontano pene per associazione a delinquere di stampo mafioso? 7) Come mai non sono mai stati richiesti i tabulati telefonici riferiti alle SIM inserite e/o intestate al Leo e al Menechini? Fiducia sulla parola? Ci troviamo all’interno in un istituto penitenziario dove sono ristretti mafiosi e pezzi da 90 o siamo dentro il bar dello sport? 8) Come mai tutti gli altri addetti ai lavori di ristrutturazione accedevano nel reparto soggetto ai lavori dalla parte esterna, come previsto per tutti? In data 14.02.2005 mi veniva interdetto l’accesso all’Istituto penitenziario con ordine di servizio nr. 9 che si allega (allegato nr. 68) firmato dalla Vazzana. In data 18.10.2005 veniva disposto, con altro ordine di servizio n. 9 che si allega (allegato nr. 69) che disponeva la modifica del precedente ordine di servizio, sempre a firma della Vazzana per consentirmi l’accesso all’Istituto per il tempo strettamente necessario per adempimenti tecnici-burocratici. Anche qui, vi pongo una semplicissima domanda: come mai ad un appartenente della Polizia Penitenziaria in forza alla Casa Circondariale di Trapani, viene negato l’accesso con un ordine di servizio specifico, sia per il diniego stesso che per la sua successiva modifica, mentre nel caso precedentemente riferito, ad un ordine di servizio e ad una superiore disposizione ministeriale, veniva opposto semplicemente UNA DIPOSIZIONE DI SERVIZIO, a firma di un sottoposto, che autorizzava l’accesso di un estraneo con telefonino e computer al seguito? Come si vede in questo specifico, esistono molti punti oscuri, ma tutti concordanti. Le altre situazioni sono, invece, rappresentative di eventi critici, verificatisi in modo del tutto sporadico e rispetto ai quali - mi preme evidenziare - la risposta apprestata dall'amministrazione, oltre che tempestiva, è stata assolutamente incisiva. Resta, comunque, fermo l'impegno ad un controllo capillare volto ad escludere il ripetersi di anomalie disfunzionali, che possano incidere negativamente sul regolare e corretto esercizio dell'amministrazione penitenziaria. Anche in questo passaggio, si da atto che la risposta scritta, letta dal sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, basa esclusivamente le proprie considerazioni e convinzioni, non sulla base di un lavoro d’indagine terza ed imparziale, ma sulle esclusive affermazioni dell’Amministrazione Penitenziaria, che di fatto è la “controparte” e quindi la parte avversa del sottoscritto. Come a dire, al contrario, che il Manzione, avrebbe potuto leggere quello che io gli avrei potuto scrivere, accettandolo come la verità assoluta. Come fa un sottosegretario della Repubblica italiana in sede parlamentare, fare una gaffe del genere? Ma è possibile, non capire che nessuna amministrazione, tirata in causa, si sarebbe potuta dare torto da se stessa? Come si fa a prendere per oro colato, “il lavoro”, contradditorio in molti casi, come si evince chiaramente dagli allegati, dei vertici dell’amministrazione in questione, quando sono perfino arrivati al punto di esprimere un personale giudizio clinico psicologico-psichiatrico come se fossero tutti laureati in psicologia e psichiatria, lavorando da molti anni in strutture di salute mentale?
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Tutto ciò premesso, il sottoscritto Giuseppe Picone, ut supra epigrafata, dichiara di sporgere,
come in effetti sporge formale
DENUNCIA – QUERELA
nei confronti di Domenico Manzione, ovvero contro tutte le persone che si riterranno responsabili, per i reati p.e.p. dagli artt. c.p., e per tutte le altre fattispecie di reato ravvisabili nei fatti rappresentati.
Con riserva di costituirsi parte civile per il risarcimento di tutti i danni morali e materiali subiti e subendi e con richiesta di punizione del responsabile dei fatti denunciati. Con riserva, altresì d’indicare ulteriori documenti e mezzi istruttori che si renderanno utili per l’accertamento dei fatti denunciati. Ci si oppone sin da subito ad un’eventuale emissione di decreto penale di condanna. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 408 c.p.p., si chiede di essere avvisati in caso di eventuale archiviazione del relativo procedimento, a cui sin da subito ci si oppone.

A corredo si presentano nr 72 allegati per un totale complessivo di 114 pagine

Con Osservanza,

Trapani, 12 Maggio 2015                                      Firmato Giuseppe Picone


PER I LETTORI, se volete approfondire quanto scritto, troverete nella pagina più vecchia alcuni passaggi della denuncia documentate con atti. 

martedì 2 giugno 2015

SONO INDIGNATO !

Mi avete fatto massacrare la mia onesta divisa, mi avete fatto rovinare la mia vita e mi avete diffamato in diretta Tv al Senato, vergogna !!!


Sottosegretario del Ministero dell'Interno DOMENICO MANZIONE, nello Stato non si DIFFAMANO e non si OFFENDONO le divise oneste della polizia penitenziaria così come ha fatto LEI in data 19 febbraio 2015 al SENATO ! 
Ministro della Giustizia ORLANDO, visto che il sottosegretario MANZIONE al Senato ha risposto per conto SUO all'interrogazione parlamentare presentata dai Senatori del Movimento Cinque Stella, PERCHÉ ancora oggi LEI rimane in un assordante è inutile silenzio?????.


Questo è il testo dell'interrogazione parlamentare n. 3-01126 presentata al Senato nei miei confronti al dai Senatori del Movimento Cinque Stelle sul sito del Senato:

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=794719


AULA DEL SENATO 19 FEBBRAIO

Questo è il testo della risposta da parte del Sottosegretario del Ministero dell'Interno DOMENICO MANZIONE per conto del Ministro della Giustizia Orlando.

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=00903800&part=doc_dc-ressten_rs-gentit_301126veapp-intervento_manzionesottosegretario&parse=no&stampa=si&toc=no

Questo è il video della lettura della risposta del Sottosegretario MANZIONE  e sia della REPLICA da parte del Senatore Vincenzo Maurizio Santangelo del Movimento Cinque Stelle.


Questi sono i passaggi documentati per quello che REPLICA il Senatore Vincenzo Maurizio Santangelo.



In data 19 febbraio 2015 presso l’aula del Senato della Repubblica in Roma, verso le ore 17 circa, il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, rispondeva ad interrogazione Parlamentare presentata da un gruppo di senatori del MoVimento Cinque Stelle per fatti che riguardavano il mio operato come Assistente Capo della Polizia Penitenziaria, in forza alla Casa Circondariale di Trapani,  in alcuni passaggi faceva emergere palesi incongruenze che ledono e offendono la mia persona che si appresta a rappresentare sottolineandone il testo nelle parti “incriminate”:

Il Sottosegretario Manzione legge: Signora Presidente, in risposta al senatore Santangelo, premetto che sulla vicenda descritta in interrogazione sono stati richiesti i necessari elementi informativi al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Dall'istruttoria compiuta, risulta che all'epoca dei fatti menzionati nell'atto ispettivo l'ex agente di Polizia penitenziaria Giuseppe Picone prestava servizio presso l'istituto penitenziario di Trapani…..l'assistente Picone veniva avvicinato dal responsabile dei lavori di ristrutturazione della sezione giudiziaria, nella persona del geometra Leo Massimo, e da questi richiesto di accedere al predetto reparto - temporaneamente chiuso per i lavori manutentivi in corso - accompagnato da un appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria e munito di computer portatile e telefonino, in quanto strumenti necessari per l'espletamento del suo incarico. 
Tale affermazione, sottolineata, non risponde a verità, in quanto il geometra Leo, giungeva da solo alla sala d’aspetto della seconda porta, dove ero di servizio. Ad avvalorare tale circostanza, lo si evince in maniera chiara, dalla dichiarazione redatta dal Sovrintendente Capo Salvatore Fragale (allegato),

che disponeva appunto, l’accompagnamento del Leo dalla sala d’attesa, prospicente la seconda porta, al posto dove accedevano tutti i muratori per via esterna. 
Il Sottosegretario Manzione legge:  Per dirimere il contrasto giungeva sul posto l'allora direttore dell'istituto, dottoressa Vazzana, accompagnata dal comandante del reparto, la quale provvedeva ad impartire verbalmente l'ordine al Picone di fare entrare il geometra, autorizzando contestualmente l'ingresso in reparto delle predette dotazioni strumentali. Nonostante l'ordine verbale, il Picone reiterava il proprio comportamento ostativo, richiamando nuovamente i contenuti dell'ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000 che, a suo dire, non ammetteva eccezioni. Nella stessa giornata il comandante di reparto provvedeva a comunicare per iscritto l'ordine impartito verbalmente, affiancando allo stesso una conforme disposizione di servizio, controfirmata dal direttore. Questa, dunque, la ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati.  
Tale affermazione non risponde a verità, poiché il fatto testé citato, non è avvenuto nella stessa giornata come contestualizzata temporalmente dal MANZIONE, ma in data successiva e precisamente l’11.06.2004, in una situazione analoga, dove a svolgere il compito di sorveglianza generale era l’Ispettore Ciaramella e non il Sovrintendente Capo Salvatore Fragale come dall’allegato precedentemente citato, ha suo tempo dichiarato dallo scrivente in sede di dichiarazioni spontanee rese in data 21 marzo 2006 (allegato

presso gli Uffici dell’U.E.P.E. di Trapani. Si fa notare inoltre che nella circostanza la direttrice Vazzana, era da sola e non in compagnia del comandante del reparto, ma alla presenza del Sovrintendente Giuseppe D’Asta, la stessa rivolgendosi al sottoscritto pronunciava testualmente: ”SIETE TESTA DI CAZZO”, come riportato nella dichiarazione redatta dallo stesso D’Asta che si allega (allegato)

dove peraltro si evince con certezza la data del fatto, episodio di rilievo “stranamente” omesso dal sottosegretario MANZIONE, e per il quale la direttrice non è stata mai punita. Ma di quale “ricostruzione dei fatti, come acclarata all'esito degli accertamenti espletati.” Stiamo parlando? Basta leggere la relazione redatta il 10.03.2007 dall’Ufficio Ispettivo del DAP, nella persona del dirigente di verifica Giacinto Siciliano, che nell’occasione, manifestava (e non sarà l’ultimo) una perfetta conoscenza specifica nel campo psicologico-pschiatrico, (allegato

ma al contrario non manifestava alcun interesse a procedere ad una seria ed approfondita ispezione per cui era stato incaricato dal superiore ministero, infatti, durante il nostro dialogo, lo stesso Siciliano non faceva altro che rispondere continuamente al suo telefonino interrompendo continuamente il discorso, trovando il suo apice, durante un’ulteriore conversazione telefonica, dove diceva al suo interlocutore, che avrebbe preso il primo volo utile del pomeriggio per far rientro in sede. Dopo aver sentito quest’ultima telefonata, intuendo chiaramente la vera natura di questa farsa, vestita da ispezione ministeriale, percependo  che lo stesso Siciliano non si sarebbe mai recato a Trapani, considerando chiaramente i tempi ristretti della sua permanenza in Sicilia, per verificare le dinamiche dei fatti accaduti, e soprattutto per ascoltare i numerosi testimoni che avevano relazionato a mio favore, ritenendo che i fatti erano stati originati in quest’ultima città, salutavo e lasciavo la sede dell’incontro, ancora una volta amareggiato avendo la netta sensazione che la verità non interessava a nessuno, facevo ritorno a Trapani. In modo assolutamente fuori dalla realtà dei fatti, il Giacinto Siciliano, in sede di relazione, durante un passaggio, scriveva testualmente: “Alla luce di quanto emerso nel corso dell’audizione e del comportamento assunto dall’interessato, non si è ritenuto, come concordato per le vie brevi, procedere ad ulteriori accertamenti presso la c.c. di Trapani” come da allegato  pag. 4. 

Come dire, oltre al danno anche la beffa. Giova precisare, che il Siciliano, disattendeva la disposizione precisa ricevuta di recarsi a Trapani, come si evince dall’allegato, 

ultima pagina nelle conclusioni, e appare assolutamente pretestuosa la motivazione che di fatto non lo ha portato in questa città, come se tale decisione dipendesse esclusivamente dall’esito del nostro dialogo, e non dalle direttive specifiche ricevute. Quest’atteggiamento del Siciliano, appare gravissimo, perché recandosi a Trapani, avrebbe dovuto sentire immediatamente per primo l’Ispettore Ciaramella, che paradossalmente egli stesso nomina nella sua relazione (allegato precedente pag. 2) che incomprensibilmente non era mai stato ascoltato da nessuno, e che rivestiva la veste del “testimone chiave” dell’episodio del telefonino che ha di fatto innescato l’intera vicenda. 
Il Sottosegretario Manzione legge: Per quanto riguarda, invece, l'ipotizzato ed eventuale nesso esistente tra la suddetta vicenda ed il riferito rinvenimento di telefoni cellulari presso altri istituti penitenziari, non vi è dubbio, proprio in considerazione di quanto prima esposto, che trattasi di situazioni tra loro del tutto diverse, tra cui non può essere stabilito nessun collegamento. La vicenda verificatasi a Trapani riguarda, infatti, l'introduzione, peraltro legittimamente autorizzata, di un computer e di un telefono cellulare per motivi di servizio.
ABERRANTE, io da poliziotto penitenziario esercitavo il mio lavoro per motivi di servizio come ordine di servizio n. 175 del 24 giugno 2000, il geometra NON era un appartenente della polizia penitenziaria e anche che lo fosse stato NON poteva entrare all'interno del carcere con il telefonino.
La disposizione di servizio dove autorizzavano il geometra ad entrare con computer e il telefonino è stata fatta nella stessa giornata dell'11/06/2004 dopo il mio turno di servizio dal Comandante di Reparto e firmata dal Direttore CONTRO l'ordine di servizio n.175 sopracitato e CONTRO l'ordine di servizio Ministeriale.
Preciso, per regolamento nelle carceri, gli ordini e le disposizioni di servizio vengono fatte dal Direttore e firmate dal Comandate di Reparto, oppure in sua assenza vengono firmate dal Sorvegliante Generale che in quel momento lo rappresenta, inoltre, per tre giorni di seguito devono essere lette in conferenza di servizio per mettere a conoscenza tutto il personale dell'Istituto.
Indipendentemente NON vi era un ordine di servizio e neanche una disposizione di servizio fino alla data dell'11 giugno 2004, il geometra già entrava tutti i giorni con computer e telefonino, ne erano a conoscenza solo il personale addetto alla prima portineria circa 10 unità su 350 unità.


Il Sottosegretario Manzione legge:  Giova in proposito precisare che, con riferimento alla vicenda trattata, non è stata rinvenuta agli atti nessuna relazione di servizio a firma del Picone, né risulta che dai descritti avvenimenti dell'11 giugno 2004 per il Picone siano scaturite conseguenze disciplinari o giudiziarie, né tanto meno che, in conseguenza degli accadimenti descritti, vi sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per l'accertamento delle sue condizioni psichiche. Risultano invece agli atti della competente direzione diverse segnalazioni riguardanti il Picone, indirizzate alla commissione medico-ospedaliera sia in epoca precedente alla data dell'11 giugno 2004 che in epoca successiva. 
L’odierno scrivente non relazionava in merito per il semplice motivo che i vertici dell’Istituto penitenziario avevano, come sopra descritto, appreso direttamente notizia dei fatti. Considerato che “l’ambiente lavorativo si era particolarmente surriscaldato” coglieva l’occasione, nella stessa giornata dell’11 di giugno, di produrre istanza (allegato) 

per essere assegnato al servizio esterno l’Istituto, e precisamente al lido balneare dell’Amministrazione (allegato), 

nella speranza che allontanandomi dall’Istituto stesso e trascorso un periodo di tempo pari a tre mesi circa, al mio ritorno avrei trovato un ambiente rasserenato, ma purtroppo così non era, anzi, addirittura era peggiorato, infatti, alla prima occasione utile, e precisamente in data 9.11.2004, durante una contrattazione sindacale, dove rivestivo il ruolo di rappresentante della C.G.I.L., il comandante Giuseppe La Torre, notata la mia presenza quale componente della delegazione stessa, in modo visibilmente alterato, faceva osservare che la delegazione in questione non era di suo gradimento, e gridando, si allontanava dalla sala riunione. La direttrice Francesca VAZZANA, nella stessa circostanza, anzi di buttare “acqua sul fuoco”, andava in escandescenza, affermando che la mia presenza era d’ostacolo alla prosecuzione della trattativa sindacale, con il chiaro intento di cacciarmi via, e non contenta di quanto già accaduto, rivolta al mio indirizzo profferiva la seguente frase: “IL PAZZO INCAPACE DI INTENDERE E DI VOLERE”, (già da questo episodio, appare ben chiara la volontà della direttrice di “marchiarmi” come pazzo) e dopo aver buttato per aria le sue carte, abbandonava la sede dell’incontro in evidente stato di agitazione. Per tali gravi comportamenti subiti, la Segreteria Provinciale della C.G.I.L. di Trapani redigeva un energico documento sindacale di protesta indirizzato dei vertici locali, regionali e nazionali dell’Amministrazione Penitenziaria, che si allega (allegato), 



dove si denunciava in termini chiari ed inequivocabili i comportamenti assunti dal La Torre e dalla Vazzana nei miei confronti sia dal punto di vista personale che di rappresentante di categoria, in aperta violazione di legge come quanto previsto dall’articolo 21 della Costituzione Italiana e dell’articolo 19 della legge 395/90. Per notizia, nessuno dei due personaggi in questione è stato mai raggiunto da alcun provvedimento di natura disciplinare e/o di altro genere, ma paradossalmente, quasi certamente per “pararsi il colpo” il giorno successivo 10.11.2004, la direttrice mi inviava d’autorità a visita medica presso il medico del Corpo (allegato

per accertare la mia idoneità incondizionata al servizio d’Istituto per comportamenti anomali assunti durante la riunione sindacale della giornata precedente, non solo in evidente contraddizione con lo svolgimento dei fatti stessi, ma arrogandosi perfino il ruolo di psicologa o psichiatra, che chiaramente non rivestiva, riconosciuto in maniera “amena” dalla stessa in un secondo tempo come riferito nell’allegato,  





palesando un evidente abuso di potere, e un atteggiamento chiaramente vendicativo e vessatorio nei miei confronti, come peraltro risulta riscontrato da una missiva a firma del Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr. Gianfranco De Gesu (allegato)


Quindi risulta non tecnicamente corretto il passaggio del sottosegretario Manzione in cui si fa riferimento a:”….. vi sia stato un invio del medesimo alla commissione medica ospedaliera per l'accertamento delle sue condizioni psichiche., poiché tale passaggio è necessariamente preceduto tecnicamente dall’invio al medico del Corpo che è l’unico soggetto che a sua volta può disporre l’invio alla Commissione Medica Ospedaliera, come nella realtà è avvenuto, e come si evince chiaramente dall’allegato

A conferma dell’atteggiamento persecutorio posto in essere dalla Vazzana, si precisa, che lo scrivente prima di essere sottoposto a visita medica da parte del medico del Corpo, che mi inviava alla successiva Commissione Medica Ospedaliera, veniva sottoposto su propria richiesta a visita medica da parte del medico del Lavoro Dr. G. Peralta che si allega (allegato) 

dove non veniva riscontrata nessuna patologia come si evince dal certificato in questione che testualmente recita: “IDONEO ALLA MANSIONE SPECIFICA”, ma evidentemente l’esito negativo di questa visita medica, non soddisfaceva le aspettative della Vazzana, tanto che ne scaturiva l’invio dal medico del Corpo come sopra citato, e tramite il comandante La Torre, veniva disposto il mio accompagnamento coatto da parte dell’Ispettore Superiore Buffa Michele (allegato) 

come se fossi in stato detentivo o una persona pericolosa. Dall’11.11.2004 fino al 22.12.2004, sono stato a disposizione della Commissione Medico Ospedaliera di Palermo, dove oltre ad essere stato sottoposto a visite specialistiche psicologiche e psichiatriche, ho eseguito numerosi accertamenti, sempre della stessa natura, il tutto concluso con la mia idoneità al servizio d’Istituto come da relativo verbale medico legale che si allega (allegato), 

redatto dalla C.M.O. di Palermo. Al mio rientro da quest’ultima sede, con mia grande sorpresa, pur constatata e certificata senza ombra di dubbio alcuno la mia piena e completa idoneità al servizio d’Istituto, mi vedevo incoerentemente rimosso da responsabile del magazzino vestiario agenti, come si evince dall’allegato, 

a vero e proprio “tappa buchi” o “Jolly” che dir si voglia, mentre il mio posto di servizio, variava di giorno in giorno, secondo le “necessità” dell’Ufficio Servizi senza tenere nel dovuto conto la mia anzianità di servizio, riscontrato come da una missiva, peraltro dal Dirigente Vicario del Provveditorato Regionale per la Sicilia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dr. Gianfranco De Gesu (allegato sopracitato) confermate dal Provveditore Orazio Faramo (allegato) 


e senza che abbia mai trasferito le consegne scritte con relativo inventario del materiale ivi custodito di cui avevo la piena ed esclusiva responsabilità, assunta al momento dell’incarico dal precedente responsabile, come da prassi, all’eventuale collega “subentrante” del magazzino stesso. Da questa situazione “anomala” originata dalla mia richiesta di chiarimenti (allegati), 







ne scaturiva un’azione di carattere disciplinare che veniva archiviata, che palesava un’evidente violazione del D.L. 449/92 art. 10 punto 3, e ben quattro di natura penale, tre dei quali venivano archiviati e nel quarto, assolto (allegati), 




quindi considerando i “buchi” temporali che vanno dal servizio balneare alla disposizione della C.M.O., i narrati fatti, sono la diretta conseguenza di quanto accaduto l’11.06.2004, e seguono un “perfetto” filo logico e temporale, confermando un vero e proprio mobbing, infatti, precedentemente, nei miei primi ventisei anni di servizio, non era mai accaduto nulla di tutto questo. A conferma della persecuzione posta in essere nei miei confronti, nella medesima circostanza sopracitata, la Vazzana e il La Torre non pienamente sodisfatti delle misure disciplinare e penali a cui mi avevano assoggettato, ricorrevano ad un nuovo invio dal sanitario del Corpo che a sua volta, mi rinviava alla C.M.O. di Palermo, a distanza di appena ventuno giorni, su segnalazione che si allega (allegato

del comandante Giuseppe La Torre, che nella circostanza si trasformava da operatore penitenziario, fine conoscitore delle leggi, (tanto da violare il D.L. 449/92 art.10 punto, in occasione di una contestazione di addebiti disciplinari), a operatore navigato psicologo e psichiatra, senza tenere minimamente conto che il sottoscritto, come da protocollo medico, non poteva essere inviato una seconda volta a visita psicologica-psichiatrica, senza aver trascorso un lasso di tempo minimo di un anno dagli ultimi accertamenti eseguiti. Per giustificare fin quanto qui descritto, sia il La Torre, sia l’Assistente Capo Luigi Malato che il dottor Alberto Barbata (allegato) 


sono ricorsi ad affermazioni mendaci, smentiti sia dagli altri colleghi presenti ai fatti, come gli Assistenti Capo Giacomo Ruggirello, Enrico Pipitone , Ispettore Michele Balbi, Alberto Adamo, Pietro La Pica (allegati), 



Il Sottosegretario Manzione legge:   e dall’esito negativo dei relativi procedimenti penali e disciplinari che ne erano scaturiti. Dall'ultima di tali segnalazioni è scaturito a carico del Picone il provvedimento di dispensa dal servizio per infermità non dipendente da causa di servizio, disposto a decorrere dal 31 maggio 2006 su parere della commissione medica ospedaliera di Palermo. 
L’affermazione sottolineata che fa riferimento al verbale di dispensa redatto dalla C.M.O. di Palermo, (allegato) 

non coincide, secondo la documentazione in possesso del sottoscritto, che si allega (allegati), 





stesa sempre dalla stessa C.M.O. di Palermo, che nel suo giudizio medico legale, in occasione dei periodi di convalescenza concessi, riporta testualmente “DISCONTROLLO DEGLI IMPULSI CON DISADATTAMENTO E STATO ANSIOSO DEPRESSIVO (e simili)è SI dipendente da causa di servizio. Questo “trattamento” conferma ancora una volta, lo stato di mobbing a cui è stato costretto lo scrivente, subendo l’ulteriore abuso e subendo ancora una volta l’onta di essere marchiato come un “pazzo”.    
Il Sottosegretario Manzione legge:   Rilevo peraltro che il Picone, nel corso della propria carriera, è stato più volte destinatario di segnalazioni causate dalle relazioni, spesso conflittuali e tese, con gli altri operatori penitenziari. Tali segnalazioni non sono mai sfociate nell'assunzione da parte dell'amministrazione di provvedimenti disciplinari a suo carico
Tale affermazione risulta completamente priva di ogni fondamento. Lo scrivente in seno al proprio ambiente lavorativo, ha sempre tenuto ottimi rapporti con tutti i colleghi.
Il Sottosegretario Manzione legge:  Per completezza segnalo che avverso i rapporti informativi degli anni 2004 e 2005 il Picone ha presentato ricorso: il primo è stato respinto nel merito, il secondo è stato respinto perché presentato fuori termine. 
Anche questa affermazione, pur apparendo corretta nel suo contenuto, è l’ennesimo frutto dell’alterazione dei fatti, l’ennesimo abuso che adesso andrà a descrivere e documentare dettagliatamente con puntualità, cosa che sarebbe sicuramente emersa nella sua drammaticità, qualora il Manzione o chi per lui avesse analizzato la documentazione con la dovuta accortezza che il caso richiedeva. Per meglio capire di cosa stiamo parlando, è utile ed opportuno partire dall’anno precedente, e precisamente l’anno 2003 (allegato), 

quando il giudizio complessivo del rapporto informativo dello scrivente era di 30 punti, cioè il massimo previsto con il giudizio di “ottimo”, che per ogni voce riportata raggiungeva il massimo dei tre punti previsti. L’anno 2004 (allegato), 

compilato nel 2005, veniva decurtato di tre punti, per quanto riguarda la compilazione operata dal comandante La Torre, a cui si sommava un ulteriore detrazione di altri quattro punti ad opera della direttrice Vazzana, fissando un giudizio complessivo pari a punti 23. Quest’ultima diminuzione di punti, non poteva essere operata dalla stessa, poiché l’art. 48 lettera B del D.L. n. 443 non lo consente. Nella prassi comune, la decurtazione massima operata ai danni di un dipendente durante un anno, può essere di massimo due punti, e le ragioni che la determinano devono essere ben argomentate, documentate e motivate, poiché l’amministrazione non può rischiare di esercitare una vera e propria forma diffamatoria, discriminatoria e pregiudizievole nei confronti del dipendente stesso, come affermata da consolidata giurisprudenza del Giudice del Lavoro. In considerazione di ciò, provvedevo a far ricorso alla Commissione ministeriale ex art. 50 con sede in Roma, che con mia grande sorpresa rigettava, con una motivazione assolutamente sintetica e generica. Nell’anno 2006, veniva compilato il rapporto informativo riferito all’anno 2005 (allegato). 

Anche in quest’occasione, pur avendo lavorato per soli undici giorni durante l’anno in esame, il giudizio complessivo, veniva ulteriormente tagliato di ben nove punti complessivi, di cui cinque da parte della Vazzana. Praticamente dal punteggio massimo di 30 punti del 2003 con il giudizio di “ottimo”, si passava al 2005 con il punteggio complessivo di 14 punti con il giudizio di “mediocre”, come a dire che un affermato professionista, nel giro di due anni si fosse trasformato, dopo 26 anni di onorato e immacolato servizio, improvvisamente in un principiante incapace, subendo un crollo verticale di ben sedici punti di valutazione (oltre la metà) delle sue capacità professionali, morali, culturali, di giudizio ecc. ecc., guarda caso in evidente e palese contraddizione con quanto attestato dal superiore Ministero della Giustizia che in data 26 .11.2006 conferiva allo scrivente la medaglia d’oro al merito di servizio (allegato)

Anche per quanto attiene la presentazione del ricorso riferito all’anno 2005, va precisato che in realtà il ricorso è stato presentato per ben due volte, il primo in data 03.04.2006, quindi entro i termini previsti dalla legge, sotto forma di comunicazione urgente (allegato

diretta al dirigente vicario Gianfranco De Gesu del Provveditorato Regionale “Sicilia” come previsto dall’art. 2 comma 3 del D.L. 449/92, e il secondo in data 04.07.2006 (allegati), 



sempre entro i termini previsti dalla legge, come si capirà più avanti dalla descrizione dei fatti, anche se detta affermazione a primo impatto appare contradittoria. Poco prima di aver notificato il risultato del rapporto informativo del 2005, precisamente il 03.04.2006, lo scrivente era stato sentito a sommarie informazioni, anche nel merito del giudizio del rapporto informativo dell’anno 2004 dal Dr. De Gesu il 21.03.2006. A questo punto, si inserivano nel contesto anche le figure del Vice capo del Dipartimento Penitenziario Emilio Di Somma e del Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria per la Sicilia Orazio Faramo. Per una maggiore e dettagliata descrizione dei fatti, che in questa sede sarebbe un’interminabile dilungare. Dopo un vero e proprio scarica barile, ed un intreccio tortuoso e contrastante da parte dei tre alti funzionari predetti, l’Orazio Faramo in data 26.06.2006 come dall’allegato precedente, mi invitata a produrre ricorso (cosa che facevo in data 04.07.2006  alla Commissione ministeriale ex art. 50, quindi se prendiamo per buono quanto riferito da quest’ultimo, di fatto si sarebbe dovuto riaprire il termine da quella data, in quanto la comunicazione  dello stesso era stata formulata fuori dai termini se consideriamo la prima data di notifica, ma in aperta contraddizione per quanto scritto dal suo diretto superiore, Dr. Emilio Di Somma in data successiva 10.08.2006, che di fatto ribadiva la correttezza del primo ricorso presentato come previsto dal predetto art. 2 comma 3 del D.L. 449/92. Da questo si può ben capire in quale stato confusionale più totale, si muovevano i più alti vertici dell’Amministrazione Penitenziaria nazionale. In buona sostanza, il Faramo, secondo il D.L. predetto e come disposto e ribadito dal Di Somma non doveva far altro che trasmettere immediatamente alla Commissione ministeriale ex art. 50 quanto da me prodotto in data 03.04.2004 con invio di fax urgentissimo, e precisamente nello stesso giorno in cui mi era stato notificato il rapporto informativo in questione, o in alternativa, informarmi immediatamente di rivolgermi direttamente all’ufficio ministeriale competente. Molto probabilmente, per motivi non a conoscenza dello scrivente, ma facilmente intuibili, il Faramo di fatto, facendo passare tutto questo tempo, faceva si da far scadere i termini del ricorso in questione, quindi ancora una volta appare palese un comportamento da parte di soggetti diversi, di “penalizzare” di fatto l’odierno scrivente. Lo stesso Faramo, come si evince al punto, redatto dal Di Somma in data 15.12.2006, chiede a quest’ultimo di non rendermi edotto delle risultanze degli accertamenti effettuati. La domanda sorge spontanea. Perché non dovevo sapere? Come si può ben comprendere da questa situazione, dove ognuno dice la sua, in contraddizione all’altro, la risposta fornita dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (allegato) 

in ordine al ricorso del rapporto informativo in questione, non è da ritenersi obiettiva e giusta. L’unica costante, quella di penalizzare sempre e comunque lo scrivente (come si evince dall’allegato, dove anche il De Gesu si trasforma in psicologo navigato e disegnava il presente quadro psicologico a carico dello scrivente: “….da cui si denota la personalità psicotica con tratti paranoici in fase acuta.”), e sempre e comunque in violazione di leggi e regolamenti, mentre per tutti gli altri soggetti presenti in questa storia è accaduto l’esatto opposto, sempre e comunque “innocenti” in ogni loro comportamento. In ultimo, ma non per importanza, anzi, si fa rilevare che la Vazzana ancora una volta, ha dichiarato il falso, mettendolo per iscritto sul rapporto informativo relativo all’anno 2005, con la seguente testuale frase: ….”tenuto conto dei procedimenti penali e disciplinari a suo carico, anche nei confronti della scrivente”….. . Premettendo che non è mai esistito alcun provvedimento penale e disciplinare collegato tra lo scrivente e la Vazzana, ancora una volta si palesa in tutta la sua prepotenza l’ennesimo atto persecutorio e di falsità nei miei confronti, agendo sempre nella più totale impunità dove ha potuto operare la stessa direttrice fino all’ultimo, anche se lo scrivente ha prodotto numerosissima documentazione comprovante con assoluta certezza, la pessima condotta della stessa funzionaria, che ha inoltrato a numerosi soggetti delle varie istituzioni con la speranza di ricevere giustizia. 
Il Sottosegretario Manzione legge:  Per quanto riguarda, invece, l'ipotizzato ed eventuale nesso esistente tra la suddetta vicenda ed il riferito rinvenimento di telefoni cellulari presso altri istituti penitenziari, non vi è dubbio, proprio in considerazione di quanto prima esposto, che trattasi di situazioni tra loro del tutto diverse, tra cui non può essere stabilito nessun collegamento. La vicenda verificatasi a Trapani riguarda, infatti, l'introduzione, peraltro legittimamente autorizzata, di un computer e di un telefono cellulare per motivi di servizio. 
Quest’affermazione del MANZIONE appare assolutamente assurda e gravissima, come fa un sottosegretario della Repubblica italiana ad affermare “legittima l’introduzione di un telefono e di un computer” da parte di un professionista esterno all’Amministrazione penitenziaria dentro un carcere, quando questo è assolutamente vietato come disposto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ufficio centrale del personale Div. III Sez. A - Affari generali con nota prot. n. 091480/5.1 del 6 giugno 2000 che ha integrato alcune disposizioni già esistenti in materia, peraltro ribadite con l’ordine di servizio nr. 175 del 24.06.2000 (allegato), 

proprio a firma della stessa Vazzana in qualità di direttore della casa Circondariale di Trapani. Appare assolutamente strumentale la DISPOSIZIONE DI SERVIZIO datata 11.06.2004 a firma del Comandante di Reparto f.f. Ispettore Maurizio Trotti e solamente vistato dal Direttore (guarda caso) che autorizza il Geom. Massimo Leo ad accedere al reparto della Casa Circondariale attraverso la seconda portineria con al seguito di computer portatile e telefonino in quanto accessori indispensabili in quell’ambito lavorativo (allegato), 

in palese ed evidente contraddizione ad una disposizione ministeriale e ad un ordine di servizio firmato dallo stesso direttore. Questa evidente contraddizione della VAZZANA si è resa necessaria per il seguente motivo: doveva giustificare l’accesso, anche nelle giornate precedenti del Leo. A questo punto nascono spontanee le seguenti domande: 1) perché la Vazzana anzi di redigere un ordine di servizio a propria firma per revocare il precedente, anche se in parte e per un periodo limitato, quindi assumendosi la piena responsabilità di quanto disposto, ha delegato questo delicatissimo e spinoso compito ad un Ispettore, suo sottoposto? Forse per paura di essere incriminata? 2) Come mai sotto la firma dell’ispettore Trotti appare scritto solamente “V° IL DIRETTORE”, senza che compaia il suo nome e cognome, apponendovi semplicemente una sigla? Forse per paura di essere immediatamente “individuata”? 3) Può una DISPOSIZIONE DI SERVIZIO di un Ispettore, prevalere e quindi scavalcare una disposizione superiore ministeriale e di un ordine di servizio, sempre superiore a firma della VAZZANA in qualità di direttore della Casa Circondariale di Trapani? 4) perché la DISPOSIZIONE DI SERVIZIO è stata redatta solamente dopo lo “scontro” verbale tra lo scrivente e la direttrice Vazzana? Forse nel tentativo di “mettere le carte apposto”? Come mai non è stata fatta una analoga DISPOSIZIONE DI SERVIZIO atta ad autorizzare l’accesso col telefonino nelle stesse modalità di tale Menechini, elettricista, anch’egli estraneo all’amministrazione penitenziaria (allegato nr. 3 pag. nr. 4) di cui è stato peraltro informato per iscritto il Di Somma, da cui ne scaturiva un’attività ispettiva ministeriale? (allegato nr. 64 punto 18)  5) quale utilità professionale giustificava l’irrinunciabile uso di un telefono cellulare ed un computer ad un geometra ed a un elettricista, quest’ultimo mai citato in nessuna occasione? 6) Quali erano le comunicazioni urgenti, tali da giustificare l’uso di questi telefonini all’interno di un carcere dove sono reclusi personaggi che scontano pene per associazione a delinquere di stampo mafioso? 7) Come mai non sono mai stati richiesti i tabulati telefonici riferiti alle SIM inserite e/o intestate al Leo e al Menechini? Fiducia sulla parola? Ci troviamo all’interno in un istituto penitenziario dove sono ristretti mafiosi e pezzi da 90 o siamo dentro il bar dello sport?  8) Come mai tutti gli altri addetti ai lavori di ristrutturazione accedevano nel reparto soggetto ai lavori dalla parte esterna, come previsto e il Leo no? In data 14.02.2005 mi veniva interdetto l’accesso all’Istituto penitenziario con ordine di servizio nr. 9 che si allega (allegato) 

firmato dalla Vazzana. In data 18.10.2005 veniva disposto, con altro ordine di servizio n. 9 che si allega (allegato) 

che disponeva la modifica del precedente ordine di servizio, sempre a firma della Vazzana per consentirmi l’accesso all’Istituto per il tempo strettamente necessario per adempimenti tecnici-burocratici. Anche qui, vi pongo una semplicissima domanda: come mai ad un appartenente della Polizia Penitenziaria in forza alla Casa Circondariale di Trapani, viene negato l’accesso con un ordine di servizio specifico, sia per il diniego stesso che per la sua successiva modifica, mentre nel caso precedentemente riferito, ad un ordine di servizio e ad una superiore disposizione ministeriale, veniva opposto semplicemente UNA DIPOSIZIONE DI SERVIZIO, a firma di un sottoposto, che autorizzava l’accesso di un estraneo con telefonino e computer al seguito?  Come si vede in questo specifico riferimento esistono molti punti oscuri, ma tutti concordanti. 
Il Sottosegretario Manzione legge:   Le altre situazioni sono, invece, rappresentative di eventi critici, verificatisi in modo del tutto sporadico e rispetto ai quali - mi preme evidenziare - la risposta apprestata dall'amministrazione, oltre che tempestiva, è stata assolutamente incisiva. Resta, comunque, fermo l'impegno ad un controllo capillare volto ad escludere il ripetersi di anomalie disfunzionali, che possano incidere negativamente sul regolare e corretto esercizio dell'amministrazione penitenziaria. 
Anche in questo passaggio, si dà atto che la risposta scritta, letta dal sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, basa esclusivamente le proprie considerazioni e convinzioni, non sulla base di un lavoro d’indagine terza ed imparziale, ma sulle esclusive affermazioni dell’Amministrazione Penitenziaria, che di fatto è la “controparte” e quindi la parte avversa del sottoscritto. Come a dire se, al contrario, il Manzione, si fosse avvalso della mia consulenza, e sulla base di quello che avrei scritto, lo stesso l’avrebbe fatto sua, traendone le sue conclusioni. Come fa un sottosegretario della Repubblica italiana in sede parlamentare, fare una gaffe del genere? Ma è possibile, non capire che nessuna amministrazione, tirata in causa, si sarebbe potuta dare torto da se stessa? Come si fa a prendere per oro colato, il frutto del “lavoro”, contradditorio in molti casi, come si evince chiaramente dagli allegati, dei vertici dell’amministrazione in questione, quando sono perfino arrivati al punto di esprimere un personale giudizio delineando un quadro clinico psicologico-psichiatrico come se fossero tutti laureati in psicologia e psichiatria, lavorando da molti anni in strutture di salute mentale?   

Specifico per chi legge che ho ulteriori prove documentate per quello che ha letto il Sottosegretario Manzione. 
Le mie conclusioni in merito, sicuramente sono una persona piccola, ma una cosa è certa, IO SONO UNA PERSONA VERA  e.........


I N D I G N A T A !