lunedì 26 maggio 2014

Questa mattina lunedi 26 maggio 2014, nelle  città di Bologna, Parma, Roma, Pavia, Firenze, Pescara, Teramo, L'Aquila, Ancona, Catania e Ragusa alcuni Giovani faranno del volantinaggio su una parte della mia storia che vivo da molti anni. L'interesse, sulla mia storia crudele da parte dei giovani di altre città del Paese, mi dà una speranza in più per ritrovare la mia dignità perduta. ovviamente, le informazioni riferite questi Giovani saranno sempre documentabili in questo blog per dimostrare sempre la veridicità delle cose, pertanto, ringrazio l'ideatrice di questo volantinaggio e tutti i Giovani delle altre città che si sono associati, GRAZIE!

Contenuto del volantino:

FINCHE’ C’E’ LOTTA C’E’ SPERANZA…

Giuseppe Picone ha 54 anni, oggi è in pensione forzata, ma 27 anni della sua vita li ha passati a servire lo Stato come poliziotto penitenziario presso la Casa Circondariale di Trapani. Due medaglie al merito di servizio, una d’oro e una di bronzo, a testimonianza della onorabilità ed efficienza del suo lavoro. Dieci anni fa, nel novembre 2004, inizia quello che lui stesso definisce “il suo calvario”. Una mattina di giugno, il signor Picone, in servizio presso la seconda porta d’ingresso dell’istituto, impediva l’accesso al geometra Leo Massimoperché aveva con se un telefono cellulare e un computer portatile (come previsto dall’ordinanza di servizio n 175/2000, vigente in tutte le carceri italiane, che dispone “il divieto assoluto di introdurre telefoni cellulari oltre la 1^ porta, eccezione fatta per i Magistrati che accedono in Istituto per ragioni del loro ufficio”). Da quel giorno, Picone incontrerà spesso il geometra, al quale ogni volta vieterà l’accesso, fino al giorno in cui il direttore dell’Istituto non emetterà l’autorizzazione ad accedervi con telefonino e pc (nessun funzionario può modificare un ordine di servizio ministeriale senza che sia stato autorizzato dall’organo che lo ha emesso).
Nel novembre 2004, durante un’assemblea sindacale, Picone riferiva a proposito di fatti successi all’interno dell’Istituto. Dopo l’intervento veniva duramente contestato dal Comandante di Reparto Giuseppe La Torre, il quale prima lo accusava di non attenersi all’ordine del giorno, e poi preso da crisi di isterismo abbandonava la stanza. Nella stessa sede, il direttore Francesca Vazzana protestava contro Picone di essere d’ostacolo all'odierna trattativa e lo definiva “il pazzo, incapace di intendere e di volere”(come documentato da una relazione del Segretario Generale Provinciale CGIL Mimma Argurio). Lo stesso direttore che il giorno dopo imporrà d’autorità una visita medica al signor Picone per “i comportamenti anomali assunti durante la riunione sindacale del giorno 09.11.2004”, contro il regolamento in quanto riferito a fatti avvenuti durante orario di assemblea sindacale, e non di servizio. Giuseppe verrà visitato diverse volte: la prima volta dal medico del lavoro, che lo dichiarerà idoneo; la seconda, dal dottor Alberto Barbara , indicato dal direttore Vazzana, dal quale verrà dichiarato “NON IDONEO a proseguire il servizio d’Istituto”, e per questo inviato all’Ospedale Militare di Palermo per ulteriori controlli. Ed è proprio qui che inizia l’Odissea. Dopo essere stato dichiarato definitivamente idoneo alle mansioni lavorative, Picone rientra in servizio presso l’istituto, ma in una sezione differente da quella precedente in cui gli viene disminuita l’anzianità, anteponendogli come capo un agente più giovane di lui. Quando chiede spiegazioni all’Ass. Capo Luigi Malato, questi scrive una relazione in cui lamenta una presunta aggressione da parte di Picone (poi smentita da un collega). A seguito di questa calunnia, il Direttore Vazzana e il Comandante di Reparto La Torre lo censurano, contestandogli la (falsa) relazione del collega Malato. A tutto questo, Picone reagisce in modo impulsivo, prima prendendo Malato per un braccio, e poi cercando di strappare la falsa relazione. Bloccato dai colleghi, viene ordinata l’ennesima visita medica che viene immediatamente eseguita dal dottor Barbara(lo stesso della seconda visita): non idoneo e rinviato all’Ospedale Militare di Palermo. Nell’attesa, Picone si chiude nella stanza in cui era solito cambiasi, ma i colleghi preoccupati rompono la serratura e sfondano la porta. Quando l’indomani Picone si reca in ospedale porta con se una busta sigillata dell’Istituto penitenziario, contente, scoprirà poi, un certificato del dottor Barbara in cui vi era scritto che dopo la visita Picone si era barricato in una stanza.
Nei giorni successivi, durante le visite, gli psichiatri parlano chiaro: quel certificato sarebbe stato la fine della sua carriera. Viene prima messo in convalescenza e poi ufficialmente congedato per “discontrollo degli impulsi con inadattabilità ed opposività in soggetto con pregresse note d’ansia”.
Quando una mattina questi vi si reca per espletare alcune documentazioni, lo lasciano attendere in una sala d’aspetto priva di bagno per OTTO ORE. Giuseppe chiede ripetutamente di poter entrare nell’istituto per andare in bagno, ma venendogli continuamente negato, è costretto a farla in una bottiglia(un assistente capo della polizia non può entrare nell’Istituto, ma il geometra che viola l’ordinanza si!).
Il giorno dopo il direttor Vazzana lo denuncerà per atti osceni in luogo pubblico, procedimento che verrà archiviato dal pm Luciano Di Transo
Picone denuncia gli abusi subiti da parte dei suoi superiori, ma lui stesso viene querelato dal comandante di reparto Giuseppe La Torre per avergli (sempre presuntamente) urlato “sei un bastardo” e per aver provato a tirargli un pugno, mancandolo (verrà poi assolto).
Nella notifica, datata 8 marzo 2005 vi è una convocazione per essere sottoposto a interrogatorio prevista per il 9 aprile 2005, che verrà effettuato, invece, il giorno successivo alla notifica. Picone si presenta alla Procura di Trapani, dove verrà interrogato dal Procuratore Della Repubblica Giacomo Bodero Maccabeo (oggi Procuratore Capo del Tribunale di Como) e dal Sostituto Procuratore della Repubblica Di Transo, senza la presenza di un avvocato. L’avvocato gli viene assegnato d’ufficio, al quale però il decreto di nomina di difesa viene notificato in data 15 marzo, ben SEI GIORNI DOPO la citazione in giudizio e l’interrogatorio.
Picone si rende conto che c’è qualcosa che non va il giorno della prima udienza, quando il suo avvocato si rifiuta di presentare la documentazione per la difesa e addirittura di firmarla, preferendo lasciare il mandato dinanzi al giudice. Insospettito, Picone si reca presso la Procura e chiede di visionare il suo fascicolo dove scopre le violazioni poste in essere dai procuratori nel corso del suo interrogatorio. Inizia così a scrivere lettere a Maccabeo (che non riceveranno mai risposta), a distribuire volantini, e fare manifestazioni per chiedere di essere ascoltato. Accompagnato da un questore di Trapani, riesce ad incontrare Maccabeo per chiedergli spiegazioni, ma questi nega tutto. Nel frattempo, tutte le denunce presentate da Picone nei confronti dei suoi superiori Vazzana e La Torre, il dottor Barbara che erano state confermate da un primo pm (di cui Giuseppe preferisce non fare il nome),vengono in seguito affidate al pm dr Monti, e nel giro di 3 mesi tutte archiviate. Siamo ormai nel 2009 ma Giuseppe non si perde d’animo e continua a manifestare, incatenandosi per protesta, davanti a Montecitorio, davanti al Quirinale, davanti alla Procura della Repubblica a Trapani, dove vede entrare e uscire ogni giorni il procuratore Maccabeo. Gli grida “sei un delinquente”  e per questo viene querelato e portato dinanzi al giudice, dove esterna dichiarazioni spontanee a proposito dei dottori Maccabeo e Di Transo sulle violazioni subite. Il processo si conclude con l’ascrizione del reato perché il fatto non sussite, ma il giudice dispone la trasmissione degli atti alla Procura di Caltanissetta per il reato di calunnia (PERAVER DETTO IL VERO SUGLI ABUSI SUBITI DAI PROCURATORI), tutt’ora risulta indagato. Nel corso di tutti questi anni Giuseppe si è rivolto a giornali, televisioni, radio, dipartimenti, procure, senza riuscire ad ottenere l’attenzione sufficiente a smuovere qualcosa. Una volta viene addirittura intervistato dalle iene, e quando chiede perché il servizio non sia andato in onda gli rispondono “la sua storia è troppo complicata!”. Al telefono Giuseppe mi confessa “a me piace la legalità, perché per lei io chiudevo delle persone umane nelle celle. Queste persone avevano una condanna e pertanto la legalità dice –tu hai una condanna? Allora devi pagare. Se per tutti questi anni io ho rispettato queste regole,allora perché ora che cerco la legalità trovo solo bugie?”. Quello che Giuseppe ha passato in questi dieci anni non credo sia descrivibile a parole: abusi, umiliazioni, calunnie e diffamazioni di ogni genere; è stato tagliato fuori, fatto credere insano di mente, gli hanno tappato la bocca, poi, non soddisfatti, lo hanno imputato di vari reati per aver detto L’ASSOULTA VERITA’, così come aveva sempre fatto nel corso della sua vita. Tu riesci a immaginarla la frustrazione quando hai voglia di urlare, ma hai paura di non essere ascoltato o di non essere creduto? Come ti sentiresti se da un giorno all’altro tutto quello in cui hai sempre creduto si dimostrasse un’autentica farsa? Se Giuseppe fosse stato un uomo qualunque tutto questo non sarebbe mai successo. Quella mattina avrebbe potuto chiudere un occhio e lasciar passare il geometra, avrebbe completato il servizio giornaliero e sarebbe tornato a casa dalla sua famiglia e via da capo per il resto dei suoi giorni. Giuseppe quel giorno, più o meno consapevolmente, ha fatto una scelta: essere onesto, scrupoloso e rispettare le regole, perché è questo che fa un buon poliziotto. In un sistema in cui la corruzione regna sovrana, fatto di trame e interessi che si intrecciano tra loro da un lato, e di una burocrazia lenta e inefficiente dall'altro, se ci fosse un Giuseppe Picone in ogni strada questo stato di cose potrebbe cambiare: potremmo vivere in un paese dove il cittadino non ha paura di denunciare gli abusi subiti, perché non verrebbe calunniato, isolato e abbandonato, ma anzi compreso, appoggiato e assurto a modello. Vivremmo in un paese in cui chi infrange la legge viene PUNITO in maniera istantanea e secondo precisi criteri, in un paese in cui potremmo dire “LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI”. Io non ci sto a rimanere impassibile e a subire passivamente qualsiasi decisione imposta dalle istituzioni perché “tanto questa è l’Italia!”, perché da sempre vige la legge del lascia passare, e nessuno vede niente, sente niente, dice niente. Basta con l’omertà, col disinteresse, con l’indifferenza: quando la verità è lì, proprio davanti ai tuoi occhi, NON PUOI GIRARTI DALL'ALTRA PARTE e fare finta di niente. Io ci credo…
…PERCHE’ CHI SOFFRE USA L’ANIMA.

PS per le persone in mala fede, troverete ogni singolo documento sulla pagina facebook e sul blog di Giuseppe.
L'ideatrice di questo volantino CARLA CICCONI


da: Giuseppe Picone pikeni.picone@gmail.com
a: "matteo@governo.it" <matteo@governo.it>,
 segreteria.ministro@giustizia.it
data: 27 maggio 2014 17:02



 Al Signor Presidente del Consiglio Renzi e al Signor Ministro della 
Giustizia Orlando.

Mi chiamo Giuseppe Picone ho 54 anni, per 27 anni ho fatto il poliziotto penitenziario ed ho ricevuto due medaglie al valore, una d'oro e una di bronzo, a testimonianza del mio umile lavoro svolto con onore e onestà.

Signor Presidente e Signor Ministro in questa terza e-mai, vorrei documentare l'iniziativa intrapresa da alcuni Giovani di diverse città d'Italia, che colpiti dalla mia storia, hanno voluto esprimere il proprio pensiero sulla legalità, e il loro disappunto di fronte ad una vicenda del genere. 
Questo è il contenuto che ho pubblicato su internet:

ATTENZIONE - ATTENZIONE - ATTENZIONE
In questo meraviglioso Paese c'è chi ha interesse per la Legalità.
Guardate all'interno del blog e capirete. Grazie.

Per l'ennesima volta mi preme portare alla vostra attenzione la mia storia, documentato passo passo all'interno del mio blog, sperando di ricevere risposta dallo Stato e dalle Istituzioni. 

Grazie in anticipo.

NB: La presente e-mail verrà pubblicata su Internet.

In fede, firmato Giuseppe Picone
91100 Trapani - Sicilia


Il Valoroso Magistrato Giovanni Falcone ha detto:

"Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole".

Purtroppo QUESTE PAROLE alcune persone delle Istituzioni li hanno dimenticati da tempo. Grazie a tutti Voi che avete firmato. Mi auguro che altri si aggiungano alla mia petizione. Grazie.

Nel post più vecchio troverete il volantino documentato passo per passo.

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